Polizia Locale: una riforma da fare, per superare i vuoti normativi e l’assenza di protocolli

La riflessione su limiti e prospettive del Corpo di polizia municipale

Andrea Santoro
Andrea Santoro
di Andrea Santoro*
Giovedì 7 Marzo 2024, 12:53
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Parlare di riforma della Polizia Locale è un tema affascinante, soprattutto in una fase storica importante come quella che stiamo vivendo, con una inevitabile transizione del ruolo professionale dei circa 60mila operatori in servizio negli Enti Locali italiani.

Da tempo ormai la Polizia Locale svolge compiti sempre più delicati, ben diversi da quelli di vent'anni fa. E nell'ultimissimo periodo i cambiamenti sono stati ancora più repentini. Basti pensare ai Decreti Sicurezza, alla introduzione del concetto di Sicurezza Urbana: i Comuni sono chiamati a svolgere un ruolo cardine che prima era relegato solo ed esclusivamente a Questure, Commissariati e Stazioni dei Carabinieri. Ovviamente i Comuni possono realizzare efficacemente le proprie politiche in materia di sicurezza urbana se -e solo se- possono contare su Polizie Locali preparate ed efficienti. L'ultimo colpo che ha assestato un ulteriore cambiamento del ruolo professionale è stato rappresentato dai lockdown imposti per contenere il Covid. Con donne e uomini della Polizia Locale chiamati a svolgere  attività di Ordine Pubblico direttamente alle dipendenze del Questore competente.
Una fase storica importante quindi. Ma va sottolineato un aspetto. I cambiamenti avuti sono di ordine pratico. Ma non sono stati accompagnati da un concreto e sostanziale cambiamento normativo.


La Legge italiana, sul tema della Polizia Locale, è ferma al 7 marzo 1986 ovvero alla Legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale, Legge n. 65. Ultimo aggiornamento alla norma si è avuto nel 2018. Ma in realtà le modifiche apportate sono del tutto irrilevanti, anzi in alcuni casi inadeguate a stare al passo con i tempi.
Il risultato è una Polizia Locale in Italia che viaggia a velocità completamente diverse, dovuto ad un regionalismo che come spesso accade crea disparità sul territorio nazionale: le Regioni del Nord hanno avuto il merito di intuire in tempo l’importanza della Polizia Locale, adottando regolamenti incisivi e investendo risorse importanti su personale, attrezzature e soprattutto formazione.

Le Regioni meridionali in molti casi sono rimaste ancorate al vecchio modello del Vigile Urbano, buono a fare un pò di viabilità, qualche controllo annonario o edilizio ed all’occorrenza portare lo scuolabus o il camion dei rifiuti perchè mancano gli autisti (purtroppo, per quanto assurdo e mortificante, in alcuni piccoli comuni capita ancora oggi!). Soprattutto, mancano protocolli operativi ben definiti e questo genera troppo spesso improvvisazione da parte degli operatori, spesso neanche formati a sufficienza per affrontare situazioni più critiche.

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Tornando alla Legge Quadro del 1986, va evidenziato che il Legislatore all’epoca non ha sentito alcuna esigenza di inserire le Polizie Locali nel novero delle forze di polizia in Italia. Le forze di polizia in Italia sono quelle riconosciute dalla Legge n.121 del 1 aprile 1981.


Il quesito è: possiamo ancora immaginare di avere in Italia “le” forze di polizia e a parte le polizie locali? È arrivato il momento di fare ordine: inserire la Polizia Locale tra le forze di polizia, dettando una nuova normativa in grado di coniugare la necessità di una regia nazionale in capo al Ministero dell’Interno e la conservazione di quella tipicità rappresentata dal legame territoriale delle Polizie Locali agli Enti locali e soprattutto alla popolazione. Questo permetterà di migliorare l'insieme degli interventi assicurati dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province autonome, dagli enti locali e da altri soggetti istituzionali, al fine di concorrere, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e all'attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità. Alleggerendo i Comuni e gli altri Enti locali, svincolando le spese salariali della Polizia Locale dai vincoli di Bilancio e di spesa del personale: gli stipendi verranno sempre erogati dai Comuni, ma i Sindaci non si troveranno costretti a dover scegliere in base ai vincoli di spesa attuali se assumere un geometra o un agente di Polizia Locale, perchè le spese per la sicurezza andranno in deroga. Questi sono solo alcuni dei punti che dovrebbero caratterizzare una vera e radicale riforma del comparto sicurezza sul fronte della Polizia Locale.


Non dovrà essere una riforma frutto della sola concertazione tra i sindacati al pari di un Ccnl. La riforma che serve all’Italia intera deve andare ben oltre, partendo dall’esistente si deve dare il senso tangibile di aver creato qualcosa di nuovo. Che sia un lavoro complesso e ambizioso è evidente. Ma una volta completato, rappresenterà una svolta epocale che lascerà il segno nella storia del nostro ordinamento. Specializzare la Polizia Locale nella sicurezza urbana e nel contrasto di fenomeni delinquenziali legati allo spaccio di stupefacenti e ai reati contro il patrimonio, si potranno liberare importanti risorse della Polizia di Stato e dei Carabinieri da dedicare a più complesse attività di indagine, anche e soprattutto alla luce della recrudescenza dei fenomeni internazionali di terrorismo.
Per realizzare una simile svolta occorre ovviamente un Governo che percepisca anche la “sicurezza urbana” tra le priorità del proprio programma. Ecco perchè si è creata una fondata aspettativa nei confronti dell’attuale Esecutivo che, come operatori del settore, ci auguriamo non venga delusa.

*Comandante della Polizia Locale di Polla (Sa) - già Comandante delle Polizie Locali di Quarto (Na) e Orta di Atella (Ce) - Docente di Tecniche Operative della Scuola regionale di Polizia locale della Campania

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