San Gennaro, la protesta finisce in Parlamento. E domani sera pañolada al San Paolo

San Gennaro, la protesta finisce in Parlamento. E domani sera pañolada al San Paolo
di Pietro Treccagnoli
Venerdì 4 Marzo 2016, 09:23 - Ultimo agg. 12:55
4 Minuti di Lettura
San Gennaro è finito in Parlamento. E chi l’avrebbe mai immaginato, nella sua gloriosa, millenaria e rispettabile vita da patrono. La battaglia intrapresa dalla Deputazione della Cappella del Tesoro (custode del santo, per conto della città di Napoli) contro le ingerenze della Curia sta mobilitando la politica, oltre che il popolo, il quale s’è dato appuntamento al Duomo per domani pomeriggio. Il nodo, si sa, sta nel decreto firmato dal ministro Angelino Alfano. A lui è rivolta l’interrogazione di Anna Maria Carloni. 

La deputata del Pd ha formalizzato una richiesta di informazioni su una scelta che snaturerebbe il carattere laico e civico dell’associazione curatrice, da cinquecento anni del «primo cittadino» di Napoli, del «sindaco dei santi». La parlamentare chiede al ministro se «non ritenga opportuno, al fine di chiarire i rapporti fra Ministero, Curia e Deputazione, di ritirare il decreto, rasserenando così gli animi per un culto fortemente sentito in città e considerato molto identitario. Al contempo, impegnarsi per una rapida approvazione del nuovo Statuto, raccogliendo la proposta già formulata dalla Deputazione nel 2013, e sgombrando così il campo da eventuali future incomprensioni, assicurando il carattere laicale della Deputazione, in linea con quanto stabilito a partire dal 1527». Un appello netto e inequivoco: via il decreto, si riporti la serenità nei rapporti e, quindi, si discuta. Si sgomberi il campo dai diktat.

Stamattina, alla Camera, sarà depositata anche un’altra interrogazione, siglata dai parlamentari campani del Movimento 5 Stelle (prima firmataria Vega Colonnese), rivolta sia ad Alfano che a Matteo Renzi. I pentasellati chiedono al ministro e al premier «se intendano immediatamente fare chiarezza, per quanto di competenza e autonomamente, rispetto al fatto che la Deputazione non è una Fabbriceria, ente che provvede al mantenimento dei beni dei luoghi sacri, riconosciuti come persone giuridiche e vigilati dallo Stato, composti anche da rappresentanti ecclesiastici, ma è un’istituzione storica e laica diversa per finalità e storia dalla Fabbriceria» e aggiungono se il governo intenda spiegare i motivi che hanno spinto il ministro ad adottare un decreto «che modifica in modo unilaterale la composizione di un’istituzione così importante, anche simbolicamente, per la città di Napoli» ma soprattutto come intenda «intervenire concretamente al fine di tutelare l’indipendenza, l’autonomia, la tradizione, la storia di un istituzione connessa con il sentimento del popolo della città di Napoli con il suo patrono san Gennaro». 

Dai palazzi alla piazza: la mobilitazione del web va avanti a ritmo sostenuto. «Giù le mani da san Gennaro», l’evento organizzato da varie sigle identitarie di Napoli, vede crescere le adesioni. Ieri sera su 47mila invitati c’erano duemila e ottocento partecipanti ai quali si sommano tremila e ottocento interessati. L’appuntamento è alle 15 di domani, sul sagrato della Cattedrale, per poi entrare e dirigersi verso la Cappella per avvolgere un fazzoletto bianco (come quello sventolato quando è annunciato lo scioglimento del sangue nelle ampolle) sul cancello bronzeo che separa la navata dalla Cappella e segna il confine tra lo Stato, anzi la Città, e la Chiesa, anzi la Curia. Gli organizzatori stanno raccogliendo numerosi sollecitazioni dal basso, perché è stato toccato un tasto molto sensibile della devozione, ma anche del carattere popolare e laico di un culto che affonda l’origine nella leggenda dei primi secoli del cristianesimo e che ha reso unica la città, il santo («divi, civi, vendici» come scriveva Alexandre Dumas) e la stessa Deputazione ora sotto attacco.

Davanti al Duomo sarà allestito un banchetto (forse un vero e proprio gazebo) per raccogliere le firme sotto una petizione che si sta elaborando per chiedere l’annullamento di una scelta indigesta ai credenti, ma soprattutto ai non credenti. Soprattutto i secondi si sentono defraudati di un tesoro morale e archetipico, più ancora che dell’inestimabile Tesoro vero e proprio, che non corre assolutamente nessun rischio: il casus belli è politico-normativo, non economico, anche se i devoti possono considerare il decreto un’autentica Operazione San Gennaro, un furto, come nel celebre film di Dino Risi. Per sabato è previsto pure un breve discorso, da tenere proprio sul sagrato. Insieme con un rappresentante dei promotori ci sarà Riccardo Imperiali di Francavilla, il delegato per gli affari legali della Deputazione. Si pensa di leggere brani tratti da Dumas e da Matilde Serao. 

Ma la giornata di protesta, di fede e di amore per uno dei simboli più potenti della città non si esaurirà a via Duomo. San Gennaro chiama San Paolo. In serata, nelle curve dello stadio andrà in scena una pañolada, lo sventolìo di fazzoletti bianchi tipico dei tifosi spagnoli quando protestano contro le sgradite prestazioni dei propri campioni. In questo caso il bianco sarà il segnale di un popolo che non si arrende. L’appello di chi ha promosso la clamorosa iniziativa è, comunque, quello di non strumentalizzare il santo. Nessuna bandiera di partito o di movimenti identitari o neoborbonici.
© RIPRODUZIONE RISERVATA