Commissario subito
basta alibi

di Vittorio Del Tufo
Mercoledì 14 Giugno 2017, 08:34 - Ultimo agg. 09:57
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Le formiche che hanno invaso il reparto di medicina generale dell'ospedale San Paolo e banchettato sul letto di una paziente attaccata ai tubi della flebo non sono solo il fermo-immagine più vergognoso del disastro della sanità campana, ma anche un punto di non ritorno. Quell'immagine, così urticante, odiosa, insopportabile, vuole dirci che il tempo delle chiacchiere è finito, che non è solo l'ospedale San Paolo ma l'intero sistema dell'assistenza sanitaria che va immediatamente bonificato. E che non sono più ammissibili, d'ora in avanti, ritardi e giochetti politici sulla pelle degli ammalati. 

La cartolina dall'inferno che ha fatto rapidamente il giro del web, e forse del mondo, è solo la punta di un iceberg, come conferma l'inchiesta di Ettore Mautone all'interno del giornale. Oltre l'oscena danza delle formiche ci sono - in altri ospedali della Asl Napoli 1 - le porte rotte, le barelle nei corridoi, le tac guaste, i reparti senza personale, i condizionatori in avaria. C'è l'incredibile sproporzione tra un'offerta sanitaria che presenta straordinarie punte di eccellenza e sacche di inefficienza che hanno oltrepassato da tempo il limite della decenza. Anche nell'area della Terra dei Fuochi, dove si continua a morire di tumore più che in altre zone d'Italia, il sistema ospedaliero è allo stremo, il livello di assistenza ai minimi storici. 

Da troppi mesi la sanità campana è allo sbando, senza una guida, senza un vertice, senza un commissario. La nomina del sostituto di Joseph Polimeni è attesa dal 3 aprile. Un tempo lunghissimo per una sanità così disastrata. Polimeni era in quota Pd e il governatore De Luca, di quello stesso partito, rivendica per sé l'incarico di commissario. 

Ma il ministro della Salute Lorenzin (di Area Popolare) non è d'accordo e il governo, che da tempo avrebbe dovuto dirimere la controversia, continua a non decidere. Questo è gravissimo.
È gravissimo che la sanità resti ostaggio di veti incrociati che ne impediscono il rilancio, bloccando ogni iniziativa, ogni piano di riordino ospedaliero e territoriale, ogni riorganizzazione del sistema delle emergenze, ogni intervento a tutela della salute dei cittadini. Ma soprattutto è inaccettabile che si continuino a scaricare sulle fasce più deboli - gli ammalati, gli anziani, la popolazione ospedaliera - le manovre di palazzo e le continue liti di una politica che non riesce a decidere. 

E così, in questo clima di incertezza e di eterna resa dei conti, la sanità in Campania assomiglia sempre più a un pullman senza guida che rischia di finire dritto nel burrone. Ma ora basta: il governo prenda una decisione, quale che sia, ma la prenda alla svelta. La sanità non può essere merce di scambio o arma di ricatto per regolare conti interni tra gli schieramenti politici o all'interno degli stessi partiti. Lo scaricabarile non assolve nessuno, né il governatore - che deve ancora decidere il nome del sostituto di Elia Abbondante alla guida della Asl metropolitana - né il ministro Lorenzin (cui spetta di concerto con il titolare dell'Economia Padoan la designazione del nuovo commissario), né i responsabili sanitari dell'ospedale finito con ignominia sulle prime pagine di tutti i giornali italiani. Ma fornisce solo nuovi alibi a chi dovrebbe assumere responsabilità dirette. De Luca faccia qualcosa, assuma iniziative forti simbolicamente, elevi anche il tono della protesta se davvero ritiene che, in queste condizioni, sia impossibile bonificare una sanità «al servizio per tanti decenni della politica politicante e inquinata - sono parole del governatore - da camorristi e da affaristi di ogni tipo». E se la Lorenzin e Padoan non prendono una decisione, ci sono tutte le condizioni perché intervenga direttamente il capo del governo Gentiloni. 

I cittadini sono stufi delle polemiche e pretendono dalla politica e dalle istituzioni un'assunzione di responsabilità. La pretendono, naturalmente, innanzitutto dai vertici degli ospedali i cui dipendenti non sanno fare il proprio lavoro. In un Paese civile già sarebbero cadute delle teste, in un Paese civile qualcuno avrebbe già avvertito l'urgenza di dimettersi. Per manifesta incapacità o magari per protesta, per l'impossibilità di mettere ordine, di governare un settore di così vitale importanza.

Se la civiltà di un territorio si misura anche dalla qualità della sua assistenza sanitaria, la Campania rischia di precipitare davvero in un pozzo nero. Dal quale si può riemergere solo affondando il bisturi sulla malagestione, sulle sacche di inefficienza e di parassitismo, sui grumi di potere e sugli interessi corporativi. Senza più giochi e giochetti. E soprattutto senza più perdere un solo minuto.
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