Muore dopo il ricovero in ospedale
a Napoli: disposta inchiesta interna

Muore dopo il ricovero in ospedale a Napoli: disposta inchiesta interna
di Ettore Mautone
Giovedì 22 Settembre 2016, 09:34 - Ultimo agg. 09:36
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Joao (Giovanni) Agostinho do Nascimento è giunto al Vecchio Pellegrini nel pomeriggio di lunedì 19 settembre a seguito della rovinosa caduta causata dal cedimento di una ringhiera metallica. Un incidente, poi l'inizio dell'odissea fino alla morte. Al Vecchio Pellegrini, le scarne informazioni fornite da Giuseppe Russo, direttore sanitario del presidio della Pignasecca, dove è avvenuto il primo ricovero del povero Giovanni, sono attinte dal medico responsabile del pronto soccorso Vittorio Helzel. «Il paziente - dice Russo - è giunto in ospedale, con mezzi propri, intorno alle 18,30 di lunedì 19 settembre. Dopo aver effettuato gli accertamenti di rito (si parla di una Tac e una radiografia alla colonna cervicale e toracica ndr) è stato ricoverato in Osservazione. La mattina successiva, martedì 20 settembre, con l'aggravarsi delle condizioni di salute, è stato disposto il trasferimento del malato in un altro ospedale, segnatamente al Cardarelli». Fin qui le dichiarazioni ufficiale del direttore sanitario del Pellegrini, Russo, che ha disposto un'indagine interna e si riserva di riferire altri dettagli che, «al momento», non sono a sua conoscenza.

A raccontare il prosieguo dell'odissea del paziente è poi Franco Catena, dirigente della Neurochirurgia dell'ospedale collinare che rivela un quadro clinico agghiacciante: «Il paziente è giunto al nostro pronto soccorso in ambulanza (ma non del 118, bensì trasferito dal Vecchio Pellegrini). Sono stato chiamato in urgenza dal mio reparto in consulenza. Avvedutomi subito della grave sintomatologia, consistente nella paraplegia degli arti inferiori e nella paresi pressoché totale di quelli superiori (muoveva appena un solo arto), ho chiesto una Risonanza magnetica da cui è emerso un quadro clinico drammatico. Il paziente aveva il midollo spinale tranciato a livello della sesta e settima vertebra cervicale mentre i due monconi della colonna vertebrale erano distanti diversi centimetri l'uno dall'altro e traslati verso i lati. Una lesione gravissima, quasi incompatibile con la vita».

Il racconto del sanitario del Cardarelli è da brividi. «Nella mia carriera non ricordo una lesione così estesa. Dopo aver visto la Risonanza con i miei colleghi ci siamo subito attivati per mettere in trazione la colonna vertebrale e riallinearla». Una manovra necessaria per consentire la successiva stabilizzazione ossea con viti e perni di sintesi che allo stato era impossibile fissare. A causa del trauma si era infatti venuto a creare l'allontanamento dei monconi della colonna.  Ovviamente il danno al midollo spinale era massiccio e probabilmente irreversibile. «L'ammalato era pienamente cosciente ricorda ancora il neurochirurgo del Cardarelli - si lamentava molto e parlava in portoghese ma era anche capace di esprimersi in italiano. Mi ha raccontato in maniera sommaria quanto era accaduto. Purtroppo aveva una lesione gravissima. Al suo fianco c'erano la moglie, la figlia e una sorella che esprimevano un dolore composto». 

Resta da chiarire in particolare, la dinamica della prima fase del ricovero del sessantenne capoverdiano, le modalità della sua sistemazione in barella (o su sedia a rotelle come riferito dai familiari), e soprattutto se sia stata utilizzata, come è obbligatorio in questi casi, una lettiga cosiddetta «spinale», ossia dotata di un supporto in grado di limitare i danni alla colonna e di conseguenza al midollo spinale, la delicata parte nervosa presente all'interno del canale vertebrale la cui lesione è irreversibile. Ieri, in serata, il direttore sanitario Franco Paradiso del Cardarelli ha confermato che la morte è intervenuta per arresto cardio-respiratorio nella mattina di mercoledì 21 con il successivo trasferimento della salma al vicino policlinico per l'autopsia.