Mercadante, schiaffo al Comune
Patroni Griffi nuovo presidente

Mercadante, schiaffo al Comune Patroni Griffi nuovo presidente
di Davide Cerbone
Martedì 28 Febbraio 2017, 08:45 - Ultimo agg. 08:49
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Molto più della discussione dura l’attesa. Che ben presto diventa contesa. Un’appendice di suspense per un giallo politico (ma con ambientazione teatrale) dall’epilogo già scritto nei numeri. L’assemblea dei soci chiamata ieri a rinnovare i vertici dello Stabile di Napoli si scioglie nel giro di una mezz’ora, quando mancano una ventina di minuti alle 13. E certifica il risultato che l’aritmetica aveva già lasciato intravedere: è Filippo Patroni Griffi, peraltro già riconfermato nel Cda in rappresentanza del Mibact, il nuovo presidente. Per lui votano la Regione, la Fondazione Banco di Napoli e i Comuni di Pomigliano d’Arco e San Giorgio a Cremano. 

Con una «macchia» sul risultato finale: la neutralità della Città metropolitana, che contro ogni pronostico decide di non decidere e si astiene. Finisce, dunque, quattro a uno, con l’asse regionale che mette in netta minoranza il Comune: è suo, infatti, l’unico voto contrario.

Le lancette segnano le dieci e trenta, e nella sala riunioni del Mercadante manca solo il Comune. Ci sono il consigliere culturale di De Luca, Sebastiano Maffettone, e il capo di gabinetto Sergio De Felice per la Regione, il presidente della Fondazione Banco di Napoli Daniele Marrama e i rappresentanti dei Comuni di San Giorgio a Cremano e Pomigliano d’Arco. Poco dopo arriva anche l’assessore Nino Daniele, che attende il capo di gabinetto del sindaco, Attilio Auricchio. Quando quest’ultimo compare fuori dalla stanza, cominciano, frenetiche, le consultazioni.

Falliti nei giorni scorsi i sondaggi con alcune personalità della cultura (ha detto di no, tra gli altri, l’attore, scrittore e figlio d’arte Jacopo Fo, ndr), i due si aggirano per i corridoi del teatro e confabulano alla ricerca di un nome dell’ultimo momento. Ma non lo trovano. Si intavola, così, una lunga contrattazione con i rappresentanti della Regione: un estremo, disperato tentativo di arrangiare nell’anticamera quell’intesa che in settimane di dialogo le parti non hanno conseguito. Auricchio chiede prima un rinvio, ottenendo una risposta negativa, e in subordine la rielezione del presidente uscente Valter Ferrara. Ma di fronte trova un muro: «O Patroni Griffi, o niente».

Alle dodici, un’ora e mezza dopo l’orario di convocazione, finalmente si comincia. Ad aprire la seduta è Marrama, docente di Diritto amministrativo ed espressione del socio privato, designato per sbrogliare il pasticcio della doppia convocazione dell’assemblea, partita sia dal presidente uscente Ferrara che dal presidente uscente del collegio sindacale, Signoriello. Nel dubbio, tra i due, si sceglie di affidare il comando delle operazioni ad un soggetto terzo. L’assemblea procede senza intoppi alle nomine dei consiglieri: nel Cda del Teatro Nazionale entrano il dirigente Pd, avvocato e docente di Diritto Internazionale Emilio Di Marzio per la Regione e l’attrice Rosaria De Cicco per la Città metropolitana. Riconfermati, invece, l’attore Patrizio Rispo e l’ex presidente Ferrara per il Comune, Rosita Marchese per la Fondazione Banco di Napoli e Maria Cira Carnile per il Comune di Pomigliano d’Arco. Resta fuori, dunque, l’imprenditrice Pina Amarelli, così come esce dal Consiglio l’avvocato Gennaro Famiglietti. I soci nominano anche il nuovo collegio dei revisori dei conti: a presiederlo sarà il giovane commercialista Francesco Campobasso, di nomina ministeriale. Ma c’è un fuori programma: per comporre il collegio servono altri due revisori, e mentre la Regione indica Vincenzo D’Alessandro il Comune si presenta al tavolo senza un nome. Alla fine, in mancanza d’altro, si opta “al buio” per la commercialista Caterina Benincasa, revisore uscente di nomina regionale.

Il momento della verità, però, arriva quando si tratta di eleggere il presidente. Il primo a prendere la parola è Auricchio, che non propone un candidato ma ritenta la carta dell’ extra time: un paio di giorni ancora per ricercare una soluzione più condivisa. Oltre alla Regione, dicono «no» al rinvio anche i revisori uscenti («Non c’è più tempo», ribadiscono) e lo stesso Marrama. «Una volta eletto il nuovo Cda, non si poteva fare a meno di nominare anche il presidente. Il quale, tra l’altro, doveva comunque essere scelto tra i nominativi già indicati per il Consiglio», spiegherà al termine della riunione. 

È in questo momento che comincia a delinearsi la sconfitta del Comune, il quale ripiega sulla conferma del presidente uscente Ferrara, non raccogliendo però alcun consenso. Neanche quello della Città metropolitana, che pure è guidata dal sindaco de Magistris. Il funzionario incaricato dall’ente, infatti, è arrivato in assemblea senza delega. «Una scelta che avvalora la serietà del lavoro svolto per trovare un’intesa unitaria in seno all’assemblea», spiega Nino Daniele. «Speravamo di trovare una via di uscita, partendo da un “diritto” e una prassi di avanzare la candidatura a presidente da parte del Comune: forse con un po’ di tempo in più ci saremmo riusciti, invece abbiamo incontrato l’intransigenza della Regione», spiega l’assessore comunale, che tuttavia descrive Patroni Griffi come «un presidente di indiscutibile autorevolezza». Ma aggiunge: «Peccato che gli abbiano messo addosso un marchio di maggioranza». 

De Magistris è più netto: «Siamo soddisfatti perché è stato evitato lo spettro del commissariamento, ma non per come sono andate le cose. Al di là dell’autorevolezza istituzionale, che riconosciamo a Patroni Griffi, si tratta di una nomina politica - argomenta il sindaco -. Ancora una volta si è voluta fare un’operazione di parte. Questo è un errore, perché il teatro è un bene comune e non è di qualcuno. Noi impegneremo i tre rappresentanti affinché il teatro diventi sempre di più un luogo aperto, di cultura diffusa, con bilanci corretti. Ma continueremo a considerare inaccettabile il ragionamento per cui chi ha più soldi può diventare il padrone. La cultura - conclude il primo cittadino - non può avere padroni».

Più distensivo il commento di Sebastiano Maffettone: «Purtroppo non si è trovato un accordo politico prima di arrivare in assemblea - si rammarica il consigliere di De Luca -, ma quella di oggi è una scelta nell’interesse generale», assicura.

Il direttore dello Stabile Luca De Fusco, dal canto suo, si dice rasserenato. «Siamo dinanzi a importanti scadenze con le banche: questa nomina è per noi motivo di grande sollievo - dice -. Ma ero sicuro che i soci non avrebbero lasciato il Teatro senza governance».

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