Università Guglielmo Marconi, il messaggio di benvenuto del prof Roberto Nicolucci

Università Guglielmo Marconi, il messaggio di benvenuto del prof Roberto Nicolucci
Mercoledì 3 Agosto 2022, 17:58
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«Care studentesse e cari studenti,

Subito prima ch’io cominci a dire perché, per me, sarà un onore e un piacere condividere con voi quella disciplina meravigliosa e, tutto sommato, poco conosciuta che si chiama Storia dell’Arte , è bene che io mi presenti. Almeno il mio nome – Roberto Nicolucci - lo avete letto ma è opportuno, anche per legittimare il tono da «opera aperta» che spero prenderanno queste nostre chiacchierate, ch’io vi racconti qualcosa di me e della mia storia di uomo e di studioso. Ebbene. Io nasco storico e subito dopo storico dell’arte. L’ordine d’ingresso è fondamentale e caratterizzante. Non si può fare storia dell’arte senza conoscere la storia; così come non si può fare storia dell’arte senza conoscere la geografia. Quanto a me, mi sono formato a Napoli con studiosi di livello incomparabile».

«Si tratta di maestri, e Dio solo sa se non ne abbiamo bisogno in queste stagioni cosi grame e magre. Sono partito quando l’era digitale era ormai nella sua fase matura ma non ancora al suo culmine. Vuol dire che sono maturato maneggiando libri di carta e questa passione è uno dei motivi che mi ha spinto a fondare una casa editrice: lo dico con passione e non certo con albagia . Da ragazzo avevo l’amore per il mare. Ma quando vidi, alla collezione Wallace di Londra, l’affresco staccato del pittore quattrocentesco bresciano Vincenzo Foppa, con Cicerone bambino che legge, pensai che l’odore dei libri e quello che vi avrei trovato scritto, mi piaceva ancora di più. Oggi, che le informazioni sono a portata di mano, più che sapere le cose, occorre metterle in un gioco di relazioni inedite che aprano prospettive diverse. Se dovessi adottare un sottotitolo preferenziale per i nostri incontri direi: Nuovi nessi.

Ugualmente è cambiato il modo di insegnare. I professori, spesso, mi incutevano soggezione. Si riferivano a cose che non capivo ed essendo io, fondamentalmente timido, non avevo sempre il coraggio di chiedere lumi».

Oggi è quasi un miracolo che, mentre un docente o un conferenziere parlano, io posso verificare ciò che ascolto sul mio portatile o sullo smartphone. Ho facoltà di integrare e aprire vie alternative alla lezione. Posso inventare nuove finestre di dialogo. Questo è il vero sapere per come lo intendo io e per come vorrei lo intendessimo tutti. Trasmissione a doppio senso. Biglietto di andata e ritorno. Voi ascoltate me, io ascolto voi. Siamo pari. E siamo bravi. La differenza tra me e voi non sta in qualche anno. La differenza sta nel fatto che, se corriamo i cento metri, voi li correte più veloce e, si presume, arriverete prima. Io, però, li corro con qualche finezza e trucco in più. Insomma: l’era digitale ha finalmente restituito all’insegnamento universitario il suo meraviglioso carattere seminariale che aveva ai tempi del Medioevo o del primo umanesimo quando si facevano anche lunghi viaggi per andare a sentire i maestri con cui si colloquiava. La lezione è dialogo, confronto, volentieri scontro. Benvenuti a tutti». 

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