Un provvedimento che Luca Capriello, avvocato partenopeo che aspirava alla candidatura di sindaco di Napoli, definisce «storico» perché «azzera giuridicamente e politicamente il regolamento del Movimento». E ora chiedono le dimissioni di Fico, dal suo ruolo politico di membro del Direttorio, considerato «artefice» di quella cacciata. «Per ragioni anche storiche - spiega Capriello - Fico è il riferimento dei pentastellati di Napoli, una città nella quale alle scorse comunali, i risultati sono stati deludenti: sotto il 10%». Il che significa che il partito di Grillo, nel capoluogo partenopeo, ha perso, facendo un raffronto con i risultati delle regionali del 2015, «quasi il 17% di consensi, visto che, in quella occasione, il Movimento ottenne quasi il 26% delle preferenze». È stato necessario un provvedimento del Tribunale per stabilire ciò che Capriello chiama «ovvietà» prevista dalla Costituzione: il dissenso, anche interno, a una forza politica. Invece, nel Movimento, «chi la pensava diversamente veniva trattato come dissidente, poi isolato, in seguito sospeso e poi espulso».
Ora, «si apre uno squarcio» e si gettano le basi per «costruire una reale democrazia interna al Movimento».
Bocciato dunque il meccanismo della mail, l'ordinanza del Tribunale riapre i giochi anche sul caso Pizzarotti, il sindaco di Parma sospeso per non aver comunicato tempestivamente di essere stato raggiunto da un avviso di garanzia per la vicenda delle nomine al Teatro Regio. «È ovvio», per Capriello, che «il provvedimento di sospensione contro Pizzarotti viene a cadere». «La mail con la quale Pizzarotti è stato sospeso - conclude - non ha più valore».