Pompei, perché è giusto pagare di più

di Carlo Avvisati
Lunedì 21 Agosto 2017, 23:55 - Ultimo agg. 22 Agosto, 00:02
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Quindici euro. Quattro in più degli attuali undici. Tanto costerà varcare dal primo aprile 2018 la «porta del tempo» che consente a chi entra a Pompei di effettuare uno straordinario salto temporale nel passato remoto. Quattrocento centesimi, un’inezia, per tornare indietro di duemila anni e muoversi lungo le strade del I secolo dopo Cristo; entrare nelle case, ammutolire davanti agli affreschi della Villa dei Misteri, considerata la Cappella Sistina dell’antichità. Insomma, serviranno due euro in più di quanto occorre oggi per respirare la «Grande Bellezza» di questa città senza tempo


Questo non è un «pesce d’aprile» anticipato, come si potrebbe pensare, considerata la data: visitare Pompei dall’aprile prossimo costerà davvero quindici euro. Ora il ticket sarebbe di undici euro: i due euro in più sono una sorta di supplemento corrisposto per poter accedere liberamente alle mostre che gli scavi hanno offerto: Picasso, Mitoraj, Pistoletto, e offrono: Pompei e i Greci, Casciello. L’aumento è stato deciso dalla Direzione del Parco archeologico (denominazione che da circa un anno ha assunto l’area prettamente pompeiana assieme ad altre: Stabiae, Oplontis, Boscoreale, Villa Sora a Torre del Greco) della ex Soprintendenza che con un congruo anticipo ha inteso agevolare i tour operator e gli altri enti nell’aggiornamento dei prezzi dei pacchetti turistici. Insomma, spiccioli, e forse nemmeno quelli, se si considera quanto si ha la possibilità di vedere in una giornata in giro per la città: dalla casa dei Mosaici geometrici alla Casa dei Vettii; dai due teatri: il «Grande» e l’Odeion, al Foro, alle Terme, al Lupanare, a via dell’Abbondanza. Ovviamente, l’assunto non vale per i gruppi e i crocieristi, stretti nella morsa dei tempi da rispettare, e costretti al mordi e fuggi delle tre ore, minuto più minuto meno, del tour. Certo, i quaranta e passa ettari di area scavata su sessantasei, sono difficili da vedere in un unico giorno; le decine di case e edifici pubblici aperti, magari (e anche senza «magari») a rotazione, per la penuria di personale di custodia, sono praticamente raggiungibili solo parzialmente; ci sono ancora settori che devono essere messi in sicurezza e per questo vietati. Ma il fascino di Pompei, di una città senza tempo, di un luogo magico, vale ben più dei due euro di aumento se questo è confrontato con altre realtà culturali del Bel Paese. Per carità, nessun torto ad altri monumenti che sono la storia d’Italia, dell’Arte e della civiltà Occidentale. Che incantano. Pompei, la sua estensione, i suoi tesori, giustificano però appieno i «centesimi» d’aumento. Perché se vogliamo vistare i Musei Capitolini, a Roma, ci costa diciannove euro; i Mercati di Traiano e il Museo dei Fori Imperiali, diciassette; per un accesso «rapido» al Colosseo ne servono ventitré, di euro. Musei Vaticani e Cappella Sistina, insieme, valgono 26 euro. Per gli Uffizi di Firenze si pagano quasi diciassette euro.


Per entrare nel Duomo di Milano occorrono solo due euro.
Anche chi arriverà a Venezia, in piazza San Marco, potrebbe dover mettere presto mano alla tasca per accedervi. E questo senza contare gli altri monumenti: chiese, biblioteche, luoghi, parchi e aree culturali che, in lungo che in largo, fanno dello Stivale un luogo unico al mondo e sono a pagamento. Ma non sono come Pompei. In Italia sostiene il confronto, benché su area ridotta, solo Ercolano. Chi, poi, e quale area o museo all’estero può paragonarsi a Pompei, è difficile dirlo. Sono consentiti confronti solo con le piramidi in Egitto; con il sud America e con i suoi monumenti Inca e Maya e Aztechi; con la Grande Muraglia, in Cina. E con pochi altri siti. Solo il Louvre, a Parigi, costa, invece, quindici euro. Come Pompei. Con qualche differenza, però. Per qualità e quantità. Andiamo per ordine. Difficilmente al Louvre si vedrà cambiare un pannolino al pargolo e lasciare l’area insozzata; i bagni sono sufficienti e accessibili; le sale sono pulite e ben tenute; la custodia dei suoi tesori è affidata a tecnologie all’avanguardia e a un congruo numero di addetti. Per Pompei sarà la stessa cosa? I due euro, che moltiplicati per i tre milioni e passa di turisti all’anno fanno sei milioni e più di incasso extra, saranno utilizzati per offrire più servizi, maggior sicurezza, più case fruibili e più custodi? Se sarà così, bene. E, magari, qualche euro, potrà essere pure speso per comprare un mastrillo, come si chiama la trappola per topi in napoletano, con il quale acchiappare quel roditore al quale venisse in testa, un’altra volta, di andare a rosicchiare i cavi della cabina elettrica e far saltare l’impianto di luci. Lasciando al buio i turisti. Arrabbiati per una «Notte a Pompei» che invece è stata solo «notte» e niente Pompei.
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