Galasso: «Aggressioni all’ambiente, gli enti locali sono troppo tolleranti»

Galasso: «Aggressioni all’ambiente, gli enti locali sono troppo tolleranti»
di Pietro Treccagnoli
Domenica 30 Novembre 2014, 23:18 - Ultimo agg. 23:34
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La legge Galasso ha quasi trent’anni. Fu varata nel 1985 e le sue disposizioni di tutela del paesaggio e dell’ambiente erano allora pioneristiche e all’avanguardia. Ma, nonostante la legge, solo dopo decenni è stato possibile abbattere il famigerato ecomostro di Alimuri, lo scheletro dell’albergo che si intendeva realizzare sulla spiaggia di Vico Equense. Il professore Giuseppe Galasso, storico e politico, allora sottosegretario, che alla legge ha dato il nome (e i contenuti, ovviamente) ha appreso la notizia con soddisfazione, anche se, sottolinea, il paesaggio e l’ambiente italiani, in tutte le Regioni, non godono di ottima salute.





Professore Galasso, l’ecomostro è stato abbattuto. Troppo tardi o finalmente?

«Entrambe le cose. L’abbattimento di Alimuri era all’ordine del giorno già trenta-quarant’anni fa. Ricordo che se ne parlava come una questione pressante già con l’allora soprintendente ai beni culturali di Napoli, Raffaello Causa, e si sosteneva che si dovesse arrivare al più presto alla soluzione alla quale si è giunti soltanto ieri. Meglio tardi che mai, comunque. E spero che questo abbattimento serva da monito e da remora per il futuro».

La legge Galasso è utilizzata efficacemente?

«Sono innumerevoli i procedimenti partiti grazie a questa legge. Purtroppo ci sono i tempi della giustizia italiana».

Solo quelli?

«Ci sono soprattutto le deficienze degli amministratori e dei politici locali, molto refrattari, per ragioni di consenso spicciolo, a tutelare paesaggio e ambiente. Anche per questo c’è voluta la mano del Signore affinché le Regioni attuassero i piani paesaggistici che a loro competevano. E spesso ne hanno fatto di molto difettosi e inadeguati per la tutela del territorio».

Le resistenze degli amministratori locali in questo campo sono lampanti anche per il Vesuvio, dove c’è stata una saldatura tra sindaci del Pd e del centrodestra, uniti nell’approvazione del restringimento della zona rossa e sui condoni voluti dalla Regione. Che cosa ne pensa?

«Purtroppo, in Italia la tolleranza dei condoni non riguarda solo l’ambiente, ma anche altri campi; e non riguarda soltanto le Regioni e gli enti locali, perché neppure lo Stato ha scherzato in fatto di condoni, magari giustificandosi con le sue necessità di cassa. Basti pensare al fisco. Ci si illude che il condono sia una sanatoria che blocchi il male e fermi le speculazioni o l’evasione. Invece, fatto il condono, l’andazzo riprende come prima. Quindi più che una sanatoria diventa un incentivo. La tolleranza nella zona rossa del Vesuvio ha consentito che si edificasse fino a 500 metri di altezza, su un vulcano alto poco più di mille e tra i più pericolosi al mondo per la sua natura esplosiva».

A livello locale è in atto una pericolosa tolleranza bipartisan.

«È tipica delle realtà locali dove la pressione sociale della popolazione è forte. Il compito della politica non è, però, assecondare. Deve, invece, interpretare, guidare e, se necessario, correggere la società».

E se gli amministratori locali non ci riescono?

«Deve intervenire lo Stato centrale, con indirizzi più forti».

Quindi è d’accordo anche sul commissariamento di Bagnoli contro il quale si è scagliato il sindaco Luigi de Magistris?

«Sì, ma il commissariamento deve giustificare se stesso».

In che senso?

«Deve essere operativo, cioè riuscire dove non è riuscita l’azione degli enti locali. Altrimenti, dopo decenni di abbandono, sarebbe una sconfitta ancora più cocente per il governo e per la politica ambientale italiana».

Veniamo a Napoli e alla dalla toccata e fuga di Matteo Renzi. Secondo lei, incontrare Gianni Lettieri, leader del centrodestra, sebbene in veste di imprenditore, e non il sindaco e gli esponenti del Pd, è stata una cattiveria o una casualità?

«Né l’una, né l’altra. Da parte di Renzi è stato un implicito rilievo dello stato di carente aggregazione nel quale si trova il sistema politico cittadino. A Napoli, il suo partito non riesce a fare le primarie per le elezioni regionali incombenti. E, d’altro canto, non si capisce che cosa stia succedendo nel centrodestra. Quindi, è come se Renzi non si fosse voluto impelogare in faccende cittadine».

Il sindaco Luigi de Magistris, ignorato da Renzi, ha detto che il mancato incontro è stato uno schiaffo alla città.

«Escludo che fosse nelle intenzioni di Renzi. Resta la valutazione della inconcludenza dell’attuale politica napoletana e del ginepraio di divisioni e di contrasti in cui fin qui ci si è ficcati».

Lettieri, commentando l’incontro con Renzi, ha detto, in un’intervista al «Mattino», che «le soluzioni per la città non sono né di destra, né di sinistra. Sono solo buone soluzioni». Siamo alla rottamazione degli schieramenti. È d’accordo?

«Come napoletano, non posso che auspicare le buone soluzioni, ma non si può credere che tali soluzioni si realizzino da sé solo per il fatto che le interpreti una lista civica».

Ma non è la fine della politica?

«La vedo piuttosto come un richiamo ai partiti che non possono credere che tutto resti immobile in attesa dei loro deliberati. Anche le soluzioni civiche hanno un significato politico. La presenza di una lista civica non significa che la politica sia finita. Deve essere, però, una lista con una chiara linea operativa, non solo di ambizioni, ma di chiare idee e di chiare volontà politiche. Potrebbe essere uno stimolo ancora più energico di quello implicito nel gesto di Renzi di ignorare nella visita il proprio partito».

Sembra ottimista.

«Parto da un’analisi pessimista e con poche speranze circa l’attuale realtà politica di Napoli».

Della serie: peggio di così non può andare?

«In politica non si può mai dire. Potrebbe sempre andare peggio. Però ricordiamoci che è vero anche il contrario».

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