Un giro di certificati falsi, per ottenere attestati di invalidità e permessi retribuiti. Il tutto al costo di poco più di 100 euro. Un lavoro parallelo e illegale che adesso costa a un ex infermiere dell’ospedale Santo Spirito, Enzo Di Ruzza, una condanna a 3 anni di reclusione - considerando lo sconto di pena previsto dalla scelta del rito abbreviato - con le accuse di corruzione e falso ideologico. Per la stessa vicenda, e con le stesse contestazioni, un dirigente medico dell’Asl Roma 1, in servizio presso l’Uoc Ortopedia e traumatologia dello stesso ospedale, è ancora indagato dalla Procura di Roma.
LE OPERAZIONI
I due erano finiti ai domiciliari in gennaio.
I VANTAGGI
Ecco i vantaggi che era possibile ottenere entrando in possesso dei certificati: permessi di assenza dal lavoro per malattia, accesso a pensioni di invalidità e contributi economici, diritti alle agevolazioni di legge previste per l’accompagnamento di familiari invalidi, ma anche permessi per parcheggiare le macchine nei posti riservati ai disabili.
L’ex infermiere avrebbe agito come intermediario e come procacciatore di clienti: sarebbe stato lui a illustrare la possibilità di ottenere in breve tempo certificati, a suo dire, regolari. Nel capo di imputazione si legge che Di Ruzza e l’ortopedico, che agiva «nella sua qualità di pubblico ufficiale, o incaricato di pubblico servizio», avrebbero ottenuto denaro «per il compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio». In particolare, continua nella sua ricostruzione il pm, avrebbero rilasciato «certificazioni ortopediche in assenza di visita». Documenti nei quali il dottore avrebbe attestato «falsamente» la sua qualità di medico curante e avrebbe anche «enfatizzato le patologie ortopediche».
I BENEFICIARI
I due avrebbero anche lavorato per rilasciare «certificazioni precostituite al riconoscimento dell’invalidità civile per un numero indeterminato di beneficiari», si legge ancora negli atti della Procura. Il medico indagato avrebbe inoltre ricevuto dall’ex infermiere, «che gliele corrispondeva con intento corruttivo», somme di denaro di circa 100 euro per ogni pezzo di carta. Somme che Di Ruzza, «nel suo ruolo di intermediario», riscuoteva in contanti a sua volta dai pazienti che aspiravano a ottenere un riconoscimento di invalidità. Nel capo di imputazione il magistrato sottolinea che i pazienti sarebbero stati ingannati: l’ex infermiere avrebbe infatti «indotto in loro la convinzione» di avere diritto a quegli attestati.