Effetto Brexit, Londra riscrive
dodicimila leggi europee

Effetto Brexit, Londra riscrive dodicimila leggi europee
di ​Cristina Marconi
Venerdì 31 Marzo 2017, 08:48 - Ultimo agg. 17:43
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Londra. Il «grande districamento» è iniziato: il Regno Unito, nel primo giorno da stato membro uscente dell'Unione europea, ha puntato i riflettori sulle migliaia di leggi europee - si parla di 12mila - che ora andranno convertite in legge britannica, sottraendone l'interpretazione alla Corte europea di Giustizia attraverso la revoca dell'atto con cui nel 1972 il paese aveva stabilito la supremazia della legge Ue su quella nazionale. «Le nostre leggi saranno fatte a Londra, Edimburgo, Cardiff e Belfast, e interpretate non dai giudici in Lussemburgo ma da quelli in tutto il Regno Unito», ha spiegato il ministro per la Brexit, l'euroscettico David Davis, che ha pubblicato un Libro Bianco in cui indica come intende perseguire un'uscita «scorrevole e ordinata» attraverso il Great Repeal Bill, una sorta di «legge millerevoche» che entrerà in vigore il giorno dell'uscita dalla Ue, dopo i due anni previsti dall'articolo 50 del Trattato di Lisbona a cui ieri la premier Theresa May ha fatto appello, ossia il 29 marzo del 2019. Questa legge darà al governo il potere di «correggere lo statuto» con mille pezzi di legislazione secondaria nel caso le leggi esistenti avessero bisogno di modifiche per funzionare dopo la Brexit. Per rendere più spedito un lavoro monumentale, Davis ha parlato di un ruolo ridotto per il parlamento, in base alla cosiddetta «clausola di Enrico VIII» che permette al governo di revocare delle leggi senza passare per i deputati, una mossa che ha fatto parlare il portavoce laburista per la Brexit Keir Starmer del rischio di un abuso di potere da parte del governo. 

Già nei mesi passati la May aveva cercato di invocare l'articolo 50 senza passare per il voto di Westminster in base alla «Prerogativa Reale», salvo poi essere costretto a farlo per via di due sentenze dell'Alta Corte e della Corte Suprema in seguito alla causa presentata da un gruppo di cittadini guidato dalla finanziera e filantropa Gina Miller, che ieri ha detto che sta considerando l'ipotesi di agire anche contro la clausola di Enrico VIII. 

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