Israele e gli Stati Uniti sanno che l’Iran non lascerà impunito il raid che a Damasco ha ucciso alti esponenti dei Pasdaran. La tensione sul fronte est monta al punto che un funzionario dell’amministrazione Biden ha spiegato alla Cnn che l’attacco dell’Iran sia da considerare «inevitabile». Gli esperti e le intelligence di Israele e Usa sono impegnati in queste ore a vagliare ogni possibile ipotesi. A cercare di definire i contorni su dove possa colpire la Repubblica islamica.
Le modalità
Secondo molti analisti, Teheran potrebbe decidere di rispondere in modo «proporzionale» all’attacco ricevuto.
La posizione iraniana
Questa eventualità è stata confermata anche dalle dichiarazioni del vice capo dell’ufficio della Presidenza iraniana, Mohammad Jamshidi. In un post su X, l’alto funzionario iraniano ha spiegato che il governo si è rivolto a Washington in questi termini. «In un messaggio scritto, la Repubblica islamica dell’Iran avverte la leadership americana di non lasciarsi trascinare nella trappola tesa da Netanyahu per gli Stati Uniti: state lontani per non farvi male». E secondo Jamshidi, «in risposta gli Stati Uniti hanno chiesto all’Iran di non prendere di mira le strutture americane». Secondo la Cnn, invece, gli Stati Uniti avrebbero avvertito l’Iran di non usare l’attacco a Damasco come «pretesto per attaccare personale e strutture statunitensi». Un avvertimento. Il generale Hossein Salami, capo dei Pasdaran, ha dato un’indicazione chiara. «I nostri uomini coraggiosi puniranno il regime sionista», ha detto il generale alla folla che ha preso parte ai funerali degli ufficiali uccisi a Damasco, «avvertiamo che nessun atto di alcun nemico contro il nostro sacro sistema rimarrà senza risposta e che l’arte della nazione iraniana è quella di spezzare il potere degli imperi».
I precedenti
Il passato in questo senso può aiutare a dare un quadro più preciso delle possibili reazioni iraniane. Nel 2020 infatti gli Usa uccisero il capo della Forza Quds, il generale Qasem Soleimani. Sessantadue anni, storico comandante delle Guardie iraniane della Rivoluzione, Soleimani era il capo della squadra d’elite per le operazioni più segrete, e soprattutto uomo chiave del regime degli ayatollah. Dopo l’annuncio della sua morte, l’Iran decise di colpire alcune basi statunitensi. E dunque è possibile che il target questa volta possano essere obiettivi israeliani in Medio Oriente e non nel territorio dello Stato ebraico. A maggior ragione perché il raid è stato a Damasco e non dentro i confini iraniani. Tuttavia, molti osservatori hanno sottolineato il pesante significato del bombardamento israeliano a Damasco. Uno smacco che ha messo a nudo due grandi problemi della rete iraniana nella regione: la capacità israeliana di individuare obiettivi di alto livello di Teheran, ma anche la capacità di colpire nelle «capitali» del cosiddetto Asse della Resistenza. Mesi fa era stata Beirut. Poi è stata la volta di Damasco. Tessere di un mosaico che l’Iran ha costruito negli anni come una vera arma strategica puntata su Israele. Tutto è nelle mani dell’ayatollah Ali Khamenei. Come sottolineano gli esperti, alla Guida suprema spetta il compito di dare il via libera. Ma il capo di stato maggiore iraniano, Mohammad Hossein Baqeri, ieri lo ha ripetuto: «L’attacco israeliano non rimarrà senza risposta».