Il 99 per cento dei circa 300 proiettili lanciati dall'Iran contro Israele durante la notte è stato intercettato dalle difese aeree. Lo afferma il portavoce dell'esercito israeliano, Daniel Hagari. Hagari ha poi detto che «l'Iran ha lanciato 170 droni contro Israele, e nessuno è entrato nello spazio aereo israeliano. Sono stati tutti abbattuti fuori dai confini del Paese da Israele e dai suoi alleati». Dei 30 missili da crociera lanciati - ha proseguito - «nessuno è entrato nello spazio aereo israeliano e 25 sono stati abbattuti». Secondo Hagari, sono stati lanciati «120 missili balistici contro Israele. Alcuni missili sono riusciti ad aggirare le difese israeliane, colpendo la base aerea di Nevatim nel sud di Israele». Poi ha aggiunto che «una manciata di droni e missili sono stati lanciati dall'Iraq e dallo Yemen durante l'attacco, sebbene nessuno sia entrato nello spazio aereo israeliano».
L'Iran attaccherà di nuovo? La possibile risposta di Israele (che gli Usa non vogliono)
Tricarico: «Cieli impenetrabili»
«Israele potrebbe a questo punto chiudere in bellezza con la dimostrazione a tutto il mondo e agli esperti che i suoi cieli sono impenetrabili e chiunque si avventuri tentando di attaccare non potrà avere alcuna speranza di successo.
Iran Israele, droni come missili da crociera: la nuova minaccia da Tel Aviv a Kiev
Il negoziato
«Questo è un auspicio di chi deve mostrare saggezza: su questo si dovrebbe concentrarsi ancora una volta la diplomazia internazionale. È da augurarsi che da un evento di guerra così aspro e duro non possano scaturire le soluzioni per avviare un negoziato serio e definitivo. È ora che anche Israele metta in campo buonsenso: se insiste su questa linea, perderà la guerra strategica mentre la tattica sarà una vittoria di Pirro».
La posizione dell'Italia
Riguardo alla posizione del nostro Paese e agli eventuali pericoli, il generale Tricarico spiega: «L'Italia sta integrando una missione dell'Onu che ormai non ha più senso, perché se quelle forze italiane erano sulla linea di contatto tra Libano e Israele per prevenire attività proprio di questo tipo, il senso è certamente molto ridotto. Evidentemente, se non c'è un segnale di allarme che possa portare al ritiro delle nostre forze, si è fatta la valutazione che il rischio non sia così alto».