Un anno fa il golpe fallito. Erdogan:
«Taglieremo la testa ai traditori»

Un anno fa il golpe fallito. Erdogan: «Taglieremo la testa ai traditori»
di Valentino Di Giacomo
Domenica 16 Luglio 2017, 10:24 - Ultimo agg. 17 Luglio, 16:30
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 Ankara. All'alba di questa mattina Istanbul e Ankara hanno celebrato il primo anniversario dal tentato golpe, era la notte del 15 luglio dello scorso anno quando i carrarmati invasero le strade e gli elicotteri il cielo per realizzare un colpo di Stato causò la morte di 250 persone. Una ferita per il Paese che il presidente turco ha però cavalcato con tutte le sue forze imbastendo una serie di manifestazioni che hanno come principale obiettivo di accrescere il consenso verso di sé. Ierioccasione per riunire tutte le varie anime della politica turca, ai leader politici delle opposizioni non è stato consentito di fare interventi in nessuna delle due piazze nel corso delle celebrazioni.
Lo Stato ormai deve identificarsi soltanto con il partito del capo e dei suoi alleati. «Taglieremo la testa ai traditori, se potessi ripristinerei anche subito la pena di morte» sono stati alcuni dei passaggi più significativi degli interventi di Erdogan. Intanto nelle carceri turche sono già state rinchiuse 50mila persone nell’ultimo anno, tra cui 150 giornalisti accusati di fare propaganda per «i terroristi». Per Erdogan il regista del tentato colpo di Stato è stato il predicatore miliardario Fetullah Gulen, da circa 20 anni residente negli Usa per il quale ieri notte i manifestanti scesi in piazza invocavano la pena di morte.

La manifestazione nella piazza antistante il Parlamento turco di Ankara è cominciata a notte inoltrata, nelle mire di Erdogan la scelta dell’orario doveva suggellare la distanza tra quanto avvenuto lo scorso anno quando il suo potere ha rischiato di cadere sotto i colpi delle armi, con l’ostentazione di potenza attuale. Un potere che il presidente esercita non solo come leader politico, ma anche religioso. Prima del suo intervento si è infatti tenuta una lunga preghiera di massa con la massima autorità religiosa del Paese, Mehmet Gormez, in una piazza divisa come in moschea con le donne da una parte e gli uomini dall’altra.

Un modo per riportare la moschea al centro del villaggio e connotare sempre più la Turchia come un Paese islamista. azione legittima. Anzi, il presidente ha invocato per sé e per il suo popolo il premio Nobel per i diritti civili. Nonostante tutto Turchia e Occidente hanno bisogno ognuno dell’altro, soprattutto la Ue che lo scorso anno ha siglato con Erdogan un accordo per bloccare il traffico di migranti sulla rotta balcanica al confine con la Grecia. Un patto che ha funzionato e che ha costretto la Turchia ad ospitare oltre un milione di rifugiati in cambio di 3 miliardi di euro. E ben presto anche il governo italiano dovrà tentare di stringere un accordo con Erdogan perché oltre il 10% di richiedenti asilo che sbarca in Italia ci arriva proprio transitando per la Turchia.

In particolare i bengalesi che in aereo giungono a Istanbul e di qui in volo verso Tripoli dove poi salgono sui barconi per giungere sulle nostre coste. E l’Italia rappresenta ad oggi il terzo partner commerciale estero per la Turchia con un interscambio di oltre 18 miliardi di euro.

Italia dovrà probabilmente scendere a patti sia per salvaguardare gli ingenti accordi commerciali che per cercare una sponda sul flusso di migranti che arriva dal Mediterraneo centrale.

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