Decreto Sud, parte la Zes unica: a Roma la strategia dei Fondi di coesione

Ma De Luca è critico: «Ancora una volta, il governo manifesta solo la volontà di gestione centralizzata delle risorse e degli investimenti»

La conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri
La conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri
di Nando Santonastaso
Venerdì 8 Settembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 18:30
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«Rimettiamo il Mezzogiorno in linea con l'Europa e le altre aree del territorio nazionale. Così il Sud può competere sul piano interno e internazionale. Il lavoro del ministro Fitto è stato molto positivo. Una grande vittoria e soprattutto una grande opportunità». Giorgia Meloni non nasconde la sua soddisfazione in conferenza stampa per il via libera del governo al Decreto Sud che introduce la Zes unica (dall'1 gennaio 2024) al posto delle 8 Zone economiche speciali oggi esistenti; riorganizza le modalità di spesa del Fondo Sviluppo e Coesione; conferma le 2.200 assunzioni negli enti locali meridionali; innova la Strategia nazionale per le Aree interne. «Misure che confermano l'attenzione concreta del governo per il Mezzogiorno e che produrranno risultati certi», dice il ministro degli Affari europei, del Sud, del Pnrr e delle politiche di coesione che del Decreto è stato il vero ispiratore. 

L'obiettivo di fondo è garantire, con la Zes unica, a tutto il Meridione le stesse opportunità di semplificazione burocratica e di accessi agli incentivi previste attualmente per chi investe nei soli perimetri delle Zes. Rispetto alla bozza anticipata dal Mattino, manca solo il riferimento all'ammontare complessivo del credito d'imposta che dovrebbe essere garantito per i prossimi tre anni (era stato indicato in 1,5 miliardi per ogni annualità, fino al 2026): in realtà, com'è stato chiarito a margine della conferenza stampa, l'importo è stato volutamente omesso in vista della bollinatura della Ragioneria generale dello Stato ma è assai probabile che la somma disponibile salirà a due miliardi di euro all'anno. In sostanza, come si puntualizza in questi casi, è stato tolto l'importo ma garantita la capienza del provvedimento, evitando qualsiasi rischio di stop al decreto. «La misura già previste per le aree Zes viene estesa a tutto il Mezzogiorno e rappresenta uno strumento automatico a sostegno dell'investimento a cui potranno aggiungersi altri in base alle priorità definiti nel Piano strategico (altra novità della Zes unica, ndr).

Allo stato, infatti, sono in corso interlocuzioni con la Commissione Ue per verificare la proroga della misura della Decontribuzione Sud e altri strumenti che potranno essere finanziati anche dalla revisione del Pnrr», si legge nella nota diffusa dal ministro ieri.

Confermata l'istituzione di una Struttura di missione per coordinare la Zes unica (nessun riferimento per ora a ipotesi di supercommissario) «con un costo inferiore a quello delle attuali strutture operative delle Zes», precisa il ministro. Ribadite altresì le peculiarità dello strumento, a partire dall'autorizzazione unica per il via libera all'investimento che dovrebbe fare ancora più presa sui potenziali investitori nel Sud. Esplicita, del resto, la motivazione con cui si volta pagina: «La precedente organizzazione delle Zes, limitate alle aree retroportuali del Sud, non ha consentito di raggiungere appieno gli obiettivi posti alla base dell'introduzione nel nostro ordinamento di tale strumento, ovvero la necessità di attrarre investimenti nelle aree del Mezzogiorno maggiormente connesse ai flussi commerciali internazionali».

Non risparmia critiche, però, il governatore della Campania Vincenzo De Luca: «L'unica operazione vera è l'accentramento di tutte le competenze per le autorizzazioni all'avvio di nuove attività economiche nel Sud a una Struttura di missione presso Palazzo Chigi, creando un imbuto che bloccherà pericolosamente e non semplificherà per nulla le procedure burocratiche come le Zes richiederebbero. Ancora una volta, il Governo manifesta solo la volontà di gestione centralizzata delle risorse e degli investimenti».

Ma il decreto, come detto, segna anche una svolta importante per la gestione del Fondo sviluppo e Coesione, il tesoretto di risorse nazionali per oltre 60 miliardi per il ckclo 2021-27 (l'80% destinate al Sud) finora impegnato in parte dalle amministrazioni centrali e regionali. D'ora in avanti l'assegnazione dei fondi avverrà solo sulla base di un Accordo di Coesione tra Palazzo Chigi e le Regioni per evitare, spiega Fitto, che si verifichino ancora ritardi come quello da lui stesso sottolineato più volte a proposito del ciclo di spesa 2014-20, appena il 34% di spesa in nove anni. In altre parole, verranno indicati gli obiettivi che si intende raggiungere e il cronoprogramma attuativo, un controllo a monte che dovrebbe aumentare il livello di certezza della spesa e dei risultati, al centro come in periferia. 

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Nel Decreto Sud, come detto, ci sono anche le misure per rafforzare la capacità amministrativa degli enti locali meridionali. Confermate le 2.200 assunzioni, previo concorso, di funzionari da destinare a Regioni, provincie e Comuni del Sud per potenziarne la competitività in materia di politiche e europee e anche di Pnrr. «Solo 71 posti sono previsti per le amministrazioni centrali», puntualizza Fitto rispondendo alle perplessità sollevate da alcuni dopo la diffusione della bozza. «Sono mesi che evidenziamo l'incapacità di spendere le risorse disponibili perché non abbiamo strutture adeguate dice il ministro -: di qui la decisione del governo, dopo il sostanziale via libera della Commissione europea, di passare ad un progetto strategico capace di dare le risposte necessarie».

Infine, le Aree interne dalle quali, peraltro, proprio nei giorni scorsi erano arrivati preoccupanti segnali sullo stop alla disponibilità delle risorse già messe in campo dal governo precedente. Nel Decreto Sud si introduce «una governance unitaria per massimizzare l'efficacia dell'azione pubblica a supporto di queste aree a rischio di spopolamento». Viene innovata «la Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne, che oggi riguarda solamente 1.824 comuni abitati da circa 4 milioni di cittadini rispetto ai 4.000 comuni delle aree interne, dove risiedono circa 14 milioni di cittadini e verso cui si proietta l'azione amministrativa che sarà declinata in un Piano strategico nazionale delle aree interne per individuare gli ambiti di intervento e le priorità strategiche cui destinare le risorse del bilancio dello Stato, disponibili allo scopo, tenendo conto delle previsioni del Pnrr e delle risorse europee destinate alle politiche di coesione, con specifico riferimento a istruzione, mobilità e servizi socio-sanitari». 

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