Orlando, una vita da ex mediano
con l’obiettivo di unire la sinistra

Orlando, una vita da ex mediano con l’obiettivo di unire la sinistra
di Pietro Treccagnoli
Sabato 25 Febbraio 2017, 08:41
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Non gli si addicono facili battute, magari ariostesche, ispirate all’Orlando Furioso. Macché, per il Guardasigilli Andrea dalla Spezia, fresco candidato alla segreteria del Partito Democratico, semmai andrebbe bene l’etichetta di Orlando Mieloso. Pontiere per ambizione, non si capisce quanto sincera e libera da ambiguità e tatticismi, sempre pronto a smussare gli angoli, terzista di lungo corso, nato alla politica quando il Pci era agli sgoccioli e Giovane Turco fino a che ha avuto un senso abbattere sultanati, perché oggi il suo gruppo di riferimento s’è scisso tra renziani ortodossi e renziani di complemento, senza neanche un Erdogan all’orizzonte. Avrebbe, comunque, come mentori alcuni grandi vecchi, tra i quali l’ex-presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il neo-candidato è fiducioso: spera che si stiano adoperando per lui. Di fatto, però, la raccolta-firme per chiedere lo slittamento delle Primarie ha raccolto appena 26 adesioni, molto poco rispetto alla rappresentativa accreditata alla minoranza. Orlando si starebbe intestando, in sostanza, una minoranza allo stato molto più scarna di quanto pensasse, anche perché Matteo Orfini, compagno dei rondò alla turca è ormai un renziano organico. 

Il ministro della Giustizia potrebbe scendere a Napoli a breve per tenervi la conferenza programmatica. Napoli è una sua consolidata passione. Qui sei anni fa, dopo la prima catastrofe delle Primarie per le Comunali, calò come commissario. Allora non era ancora previsto il lanciafiamme minacciato un anno fa da Matteo Renzi, ma mai messo in funzione. Così Orlando lavorò senza grandi difficoltà, il partito era sotto la botta impressionato, e avallò la non belligeranza con il sindaco Luigi de Magistris, passando poi il testimone a Gino Cimmino.

La sua corsa per il primo voto del 30 aprile è partita in quarta e già ieri, sia da Roma che da Palermo, dove ha ricordato Peppino Impastato, ha cominciato a mettere i paletti alla propria sfida a Renzi da un lato e a Michele Emiliano dall’altra. E proprio il governatore pugliese, secondo i suoi compagni di partito, ma non di corrente, sarebbe il vero obiettivo: ridurne il consenso, arrivando almeno secondo. Ma Orlando, cresciuto a pane e post-Frattocchie, esperto scalatore delle cime del partito, proprio ieri, in tre parole, ha chiarito le intenzioni: «Corro per vincere». Specificando di voler «tenere insieme» le culture politiche che dieci anni fa hanno generato il Pd. Che poi ne sia venuto fuori un ircocervo, metà scudocrociato e metà falce-e-martello, è un altro paio di maniche. Partito «attrattivo e includente», insiste, proprio quando le pratiche per la scissione (piccola, media, si vedrà) sono al capolinea. 

È già piena campagna elettorale, quindi, con l’invito a mettersi in gioco rivolto a quel popolo della sinistra che ha avuto «una gelata»: se n’è andato o è rimasto alla finestra. Una porta mezzo chiusa verso Angelino Alfano: «è un’alleanza legata a situazioni assolutamente contingenti». Un’altra spalancata a chi si mostra sempre più sensibile al populismo: vanno ascoltati per scongiurare derive nazionalista. Ma soprattutto, «niente risse», please. O «politica prepotente» che «è quella che cerca di delegittimare l’avversario anziché dire ciò che vuol fare, che cerca di zittire l’avversario». Orlando il Pacificatore, altro che tornei con armature, lance e pennacchi, ma intanto adopera un lessico nella sostanza uguale e contrario a quello degli avversari. Una posizione che gli ha fatto subito incassare gli apprezzamenti con riserva di Massimo D’Alema e di Rosy Bindi. Il primo ha socchiuso la porta («Con Orlando segretario si potrebbe riaprire il dialogo, sarebbe sicuramente un grosso passo avanti») per richiuderla dopo poche ore: «Il Pd dovrebbe scegliere un leader che non ha fatto parte di un governo con Alfano e Renzi. Stimo Orlando ma era nel governo che ha fatto scelte discutibili e sbagliate anche se crede in ciò che dice». All’ex-premier, Orlando ha replicato a stretto giro che il dialogo va aperto non con lui, ma con l’intero Pd. La presidente della Commissione Antimafia apprezza pure lei, ma resta critica sui silenzi del Guardasigilli: «Orlando aveva sostenuto Cuperlo al precedente congresso ora si candida ed è un candidato vero, forte, anche se in questi tre anni e mezzo non abbiamo mai sentito una parola di dissenso verso il presidente del Consiglio, Renzi. Adesso questi distinguo stanno emergendo».

Comunque sia, Orlando punta molto anche sul Mezzogiorno. Nel precedente incarico di ministro dell’Ambiente (governo Letta) ha avviato le pratiche per affrontare l’emergenza della Terra dei Fuochi e dell’Ilva di Taranto. E nutre speranze pure su Napoli. Durante l’esperienza di commissario del Pd nel 2011, in circa un anno, s’era creato un proprio drappello che con il tempo è andato assottigliandosi. La sua tela ha poco filo da tessere. Resta il legame con Cimmino, ma l’ex-segretario provinciale, adesso lavora alla Regione Campania con Vincenzo De Luca e non potrà spendersi molto per lui, sebbene sia a capo di una delle innumerevoli correnti locali, piccola e neanche tanto organizzata. Il legame più forte Orlando, nei mesi napoletani, lo costruì con Valeria Valente. È stato lui il regista (con Orfini) della candidatura della deputata alle Comunali del 2016, finite per il Pd già al primo turno. Adesso tra i due i rapporti si sono raffreddati. La Valente è più orientata proprio verso Orfini, schierato con Renzi. Altri Giovani Turchi dell’era Orlando erano Andrea Cozzolino, ma l’eurodeputato è da tempo vicinissimo a Luca Lotti, e il consigliere regionale Antonio Marciano, che ha aderito alla corrente del ministro Maurizio Martina (come le parlamentari Anna Maria Carloni e Michela Rostan), renziano pure lui.

Sebbene tutti a Napoli non neghino la buona partenza di Orlando, durante il commissariamento, in molti non gli hanno perdonato la successiva acquiescenza alla logica dei capibastone e soprattutto un’indolenza sospetta verso De Magistris, tanto da rasentare spesso un appoggio a gratis.

Chi gli resta? Alla formalizzazione della sua candidatura ha partecipato la senatrice Rosaria Capacchione che non è una grande portatrice di voti sebbene le sia attribuita una piccola enclave casertana. Vicini al Guardasigilli sono il deputato Marco Di Lello e l’ex-consigliere comunale Peppe Balzamo. L’obiettivo è quello di pescare un po’ a strascico nell’area degli ex-Ds, scontenti della deriva democristiana del partito. Ma a Napoli sono sempre più mosche bianche.

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