Renzi: «Cambierò l'Italicum»
la minoranza Pd non si fida
Cuperlo: pronto a dimettermi

Renzi: «Cambierò l'Italicum» la minoranza Pd non si fida Cuperlo: pronto a dimettermi
di Paolo Mainiero
Martedì 11 Ottobre 2016, 08:38 - Ultimo agg. 15:41
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Parla di discussione «surreale» Matteo Renzi, che nella direzione del Pd apre alla modifica dell'Italicum per «togliere l'ultimo alibi» a una minoranza sempre più ostile che accoglie timidamente e con molti distinguo l'apertura del segretario e che non partecipa al voto finale sul documento che la direzione approva all'unanimità. All'apice dello scontro interno, Renzi prova a tenere unito il partito chiarendo tuttavia che il prezzo dell'unità non può essere quello «di tenere fermo il Paese» perchè, è la sua rivendicazione, «io so qual è la mia responsabilità» e «la riforma costituzionale non è un giocattolino per addetti ai lavori.

Per i miei figli, per i nostri figli, non ci fermeremo». Renzi affronta di petto la minoranza e lancia una frecciata a chi ha rilasciato interviste invece di affrontare le questioni in assemblea. «L'impegno con gli iscritti - attacca - è più importante dei mal di pancia di presunti leader. Noi abbiamo scelto la democrazia interna e non i caminetti o presunti tali». Poi, per «smontare l'alibi» di chi vuole votare No alla riforma in nome del combinato disposto con l'Italicum, il premier mette sul tavolo una proposta che si articola in due punti chiave: elezione dei nuovi senatori sulla base della proposta presentata in Senato da Chiti e Fornaro (esponenti della minoranza); ampia disponibilità a rivedere ballottaggio, capilista bloccati e premio di maggioranza. Renzi propone che alle modifiche lavori una delegazione che vada a vedere le carte anche degli altri partiti. Della delegazione dovranno fare parte il vicesegretario Guerini, i capigruppo Zanda e Rosato, il presidente del partito Orfini e un esponente della minoranza.

Il segretario offre «tempi certi» ma fa comunque capire che l'Italicum potrà essere cambiato solo dopo il referendum e non potrebbe essere altrimenti visto che M5s, Lega e Forza Italia hanno ribadito che di legge elettorale non hanno intenzione di discuterne adesso. Tanto più, è la convinzione del premier, che un dibattito incentrato sull'Italicum indebolirebbe la campagna referendaria. E sulle riforme Renzi si gioca tutto. «Queste riforme - dice - non sono un puntiglio di qualcuno ma un elemento della competitività del Paese». Lo spettro della scissione tuttavia resta. La minoranza coglie il segnale di apertura ma nella decisione di non partecipare al voto lancia a sua volta un messaggio: o il passo avanti sarà concreto o al referendum il voto sarà contrario. Gianni Cuperlo non rompe ma pone più di un paletto, il primo è legato ai tempi. «È giusto tentare di verificare la proposta già nei prossimi giorni e non dopo il referendum. Se un accordo non si troverà prima del 4 dicembre voterò contro e mi dimetterò da deputato», dice Cuperlo, che votò la riforma tre volte in Parlamento ma che contesta il combinato disposto con l'Italicum. Ma non è solo Cuperlo a non fidarsi perchè Roberto Speranza, che con Bersani aveva annunciato il suo No prima ancora della direzione, spiega chiaramente che la proposta di Renzi «non è sufficiente» e che serve «un'iniziativa del Pd e del governo». Speranza dà la propria disponibilità a far parte della delegazione ma per ora non ritira il suo No. Cuperlo, lasciando il Nazareno, prova ad allontanare lo spettro di una scissione. «Io sono ottimista e spero che si arrivi a una ricomposizione. Sono convinto - dice - che una sinistra divisa è più fragile e non è così che affronta i problemi del Paese». Le prossime ore saranno decisive. Dario Franceschini assicura che «a giorni» si può trovare «un'intesa nel Pd», da trascrivere poi dopo il referendum in Parlamento.

 

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