Addio a Mario Costa, il prof filosofo dell'estetica dei media

Docente all'Unisa, fondò Artmedia negli anni '80

Mario Costa
Mario Costa
di Alfonso Amendola
Domenica 27 Agosto 2023, 09:31
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Ci lascia Mario Costa, classe 1936. Nato a Torre del Greco, è stato Ordinario di Estetica all'Università di Salerno e per diversi anni ha insegnato anche all'Orientale di Napoli e all'Università di Nizza. Nel 1985 nell'Ateneo salernitano fonda e dirige «Artmedia», un laboratorio innovativo e immediatamente di respiro internazionale che per la prima volta problematizzava il rapporto tra tecnologia e arte, tra scienza e filosofia, tra estetica e media.

Un progetto di quelli davvero potenti che tra percorsi teorici, convegni, seminari di studi, monografie, mostre e retrospettive nel tempo divenne un punto di riferimento dell'avanguardia contemporanea. Con un dialogo aperto e continuo con una miriade di artisti che si riconoscevano nell'agire multimediale della categoria dell'estetica dei media. E sempre dentro un dibattito teorico di grande apertura e contaminazione di saperi dove troviamo accademici e intellettuali del calibro di Mario Perniola, Filiberto Menna, Pierre Levy

Tutto il suo percorso di studi è stato fortemente legato alle tematiche dell'avanguardia. Un'avanguardia analizzata e scientificamente raccontata con una tensione davvero personale e realizzando, quasi, una sorta di corpo a corpo con le grandi correnti del primo e secondo Novecento. Un'avanguardia sentita come categoria portante per comprendere fino in fondo le sfide e le prospettive della nostra modernità. Un'avanguardia sondata nel suo profondo, colta nelle sue radici e mostrata, sempre, nella sua irruenza espressiva e quando necessario anche nelle sue demistificazioni. Per Mario Costa riferirsi all'avanguardia storica o alle ondate ad essa successive è sempre stato un prezioso «dispositivo» per attraversare la crisi dell'arte del presente e cogliere le prospettive in divenire (dove la tecnoarte avrà sempre una centralità assoluta). Un vero apripista Mario Costa che caratterizzato sempre da una personalissima idea teorica sovente ha combattuto un certo conformismo accademico (uno dei suoi primi lavori di saggistica «Sulle funzioni della critica d'arte» del 1976 è un feroce assalto al sistema dell'arte e ai suoi critici). E ha saputo prontamente cogliere l'orizzonte tellurico della tecnologia in rapporto all'arte (fondamentali i suoi: «Il sublime tecnologico», 1990 e poi 1998; «L'estetica dei media», 1990 e poi 1999; «Arte contemporanea ed estetica del flusso», 2010; «Dopo la tecnica», 2015, tutti volumi tradotti in Europa e in America).
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Mario Costa lascia una grande eredità nel suo mai interrotto lavoro di teorico d'assalto, di organizzatore coltissimo e di grande innovatore. Almeno 3 generazioni di studiosi e studiose (a cominciare dal suo principale allievo il filosofo Vincenzo Cuomo) a lui devono lo sguardo necessariamente trasversale delle sue letture verso autori come il dadaista Marcel Duchamp o come il lettrista Isidore Isou). A lui si devono riflessioni radicali verso la radio, il teatro (penso in particolare al lavoro mediale di Samuel Beckett), la pittura, la televisione («La televisione e le passioni», 1992), la fotografia («Della fotografia senza soggetto», 1997), il web («Internet e globalizzazione estetica», 2002) fino al controverso tema dell'ebraismo («Ebraismo e arte contemporanea», 2020). A lui devono la lettura dei media dentro le dottrine estetiche come matrice azzerante la retorica autoriale. Mario Costa è stato un intellettuale forte, severo e nel suo essere un «burbero benefico» in molti lo ricorderemo come un maestro vero, iperattivo e signore d'altri tempi.
 

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