Dalla filovia alla navetta
così Salerno ha fatto strada

Dalla filovia alla navetta così Salerno ha fatto strada
di Guido Panico
Sabato 28 Maggio 2016, 08:47
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Occorre tornare agli anni Venti del secolo scorso per potere inserire nella cartolina di Salerno uno dei protagonisti del paesaggio urbano novecentesco: il tram. Non c’è immagine di città del primo Novecento in cui esso non compaia. L’elettrificazione aveva regalato la luce artificiale e un sistema di trasporti efficiente a cui affidare il movimento delle persone in città e nelle sue vicinanze. Un movimento che appariva ai più anziani vorticoso. In realtà, il tram non era per Salerno una totale novità. Esso aveva fatto la sua prima comparsa nel 1906 con la costruzione da parte di una società belga di una via tramviaria che collegava la città a Pompei, per trasportarvi gli operai impiegati nelle fabbriche dell’Agro Nocerino.
Un trasporto, dunque, non urbano e con passeggeri particolari. Salerno era, allora, una piccola città concentrata in uno spazio minuscolo, che non richiedeva, certo, trasporti pubblici per essere attraversato Questo fino agli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale. Da allora le cose mutarono. La città cominciò a crescere a ritmi piuttosto sostenuti e non per la moltiplicazione delle culle: fu assalita da una piccola alluvione demografica, che ebbe protagonisti i ceti medi di un’opulenta provincia, in cerca di buoni lavori e delle luci della città. Inevitabilmente il perimetro urbano cominciò ad allargarsi. Occorrevano trasporti, che coprissero anche il collegamento con le cittadine più vicine. Come fare? Affidarsi al trasporto a motore ? Alla bella sagoma dei tram, che, però, richiedevano robusti investimenti? Fu scelta una via di mezzo, più agile, poco rumorosa e non costosa: la filovia. Nel panorama di Salerno e della sua provincia il tram fu quasi cancellato dalla filovia. I ragazzi della periferia e della provincia sono andati a scuola per decenni in filovia, non in autobus come facevo io a Napoli.
 
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