Denuncia choc a Salerno: «Mio figlio, con febbre e convulsioni, senza assistenza per otto ore»

Pronta la replica dell’azienda ospedaliera universitaria, che rispedisce al mittente le accuse.

L'ospedale di Salerno
L'ospedale di Salerno
di Sabino Russo
Venerdì 22 Dicembre 2023, 19:10
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«Mio figlio, con febbre alta e convulsioni, lasciato senza assistenza per otto ore». Lo racconta su Facebook una madre salernitana, riferendosi a quanto accaduto, a suo dire, martedì scorso al Ruggi, dove il piccolo Luca era stato trasportato dagli operatori del 118, non prima di quattro chiamate, e dove sarebbe stato «abbandonato» in pronto soccorso, in una stanza di isolamento (risultato positivo al Covid-19), «senza acqua né cibo, e senza neanche un termometro per misurare la temperatura», e poi rispedito a casa. Pronta la replica dell’azienda ospedaliera universitaria, che rispedisce al mittente le accuse.

I vertici del Ruggi chiariscono che il bimbo «è stato valutato da un punto di vista emodinamico e neurologico e ritenuto stabile, in condizioni fisiche compatibili con le dimissioni dall’ospedale, dopo attente raccomandazioni, terapia e opportuni confronti medici sul caso in questione». Tutta la querelle ha inizio con un post pubblicato l’altro giorno su Facebook di una mamma salernitana, che denuncia una brutta storia di assistenza sanitaria negata al Ruggi, dove il suo bimbo era stato trasportato con febbre e convulsioni. La donna, in pieno panico, aveva chiamato, prima, quattro volte il 118, che giungeva sul posto solo un’ora dopo la richiesta di intervento. Con il bimbo, a bordo dell’ambulanza, sale il papà, perché la mamma è positiva al Covid. Giunti all’ospedale, il piccolo risulta positivo. A quel punto, stando alla ricostruzione della donna, i sanitari provano a effettuare un prelievo del sangue per le analisi, ma non sarebbero riusciti a prendere la vena, poi dicono al padre che il bambino dovrà stare in isolamento, perché positivo, e che in reparto non c’è posto. Da quel momento, una lunga situazione di stallo, che dura circa otto ore, con il piccolo in isolamento, senza assistenza, senza acqua né cibo, senza un termometro per misurare la temperatura, e assistito solo dal padre. La mamma, così, a quel punto, decide di raggiungerli in ospedale e di recarsi al reparto pediatria, dove le dicono che il bambino era monitorato, ma in realtà, secondo quanto da lei denunciato, accanto a lui sarebbe rimasto per otto ore solo il papà. Dopo poco, poi, il piccolo viene dimesso, perché non viene ritenuto necessario il ricovero, senza una visita di controllo.

«Ora Luca sta bene – si legge nel post – ma devo stare sempre attenta alla temperatura, visto che potrebbe verificarsi un’altra crisi convulsiva; ovviamente farò tutti i controlli che devo privatamente, ma volevo fare luce su quanto accaduto, su quanto sia stata presa alla leggera una situazione assai critica». Pronta la replica dell’azienda ospedaliera universitaria, che rispedisce al mittente le accuse . Stando alla ricostruzione del Ruggi, il 19 dicembre scorso, il piccolo Luca, già in cura da un anno presso il nosocomio salernitano, perchè affetto da una patologia benigna, giunge al pronto soccorso con un’ambulanza medicale, «anche se la sua condizione poteva essere tranquillamente gestita a domicilio». Il paziente, positivo al covid, veniva isolato in una stanza dell’ambulatorio di pronto soccorso pediatrico, affiancato in un ambiente adiacente da due dottoresse e due infermiere, alla presenza del padre che, «nonostante non abbia avanzato specifiche richieste assistenziali – si legge nella nota dei vertici aziendali – ha lamentato insieme alla moglie, anch’essa positiva ed entrata senza scrupoli all’interno del pronto soccorso, una carenza di assistenza medica presuntamente negata».

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«Luca – continua la nota – è stato valutato da un punto di vista emodinamico e neurologico e ritenuto stabile, in condizioni fisiche compatibili con le dimissioni dall’ospedale dopo attente raccomandazioni, terapia e opportuni confronti medici sul caso in questione. Il personale medico sanitario di pediatria si dice profondamente amareggiato, perché la versione dei fatti così come rappresentata oltre a non essere aderente alla realtà risulta incompatibile con i principi di umanizzazione delle cure diffusi nell’azienda sanitaria. Quel 19 dicembre, mentre Luca era al sicuro, altri due bambini gravemente malati lottavano per restare in vita».

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