Fusco, il prete che insegnava l'amore
oggi diventa santo in Vaticano

Fusco, il prete che insegnava l'amore oggi diventa santo in Vaticano
di ​Giuseppe Pecorelli
Domenica 16 Ottobre 2016, 08:00
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ANGRI - Alfonso Maria Fusco, il sacerdote di Angri, che Papa Francesco canonizzerà questa mattina, ha lasciato un segno indelebile nel mondo, complici le suore della congregazione di San Giovanni Battista, le Battistine da lui fondate, vivono e lavorano. Eppure il nuovo santo rischiava di non venire nemmeno alla luce. I genitori, Aniello e Giuseppina Schiavone, sposati da quattro anni, non riuscivano ad avere figli tanto che decisero di andare in pellegrinaggio a Pagani per pregare sulle spoglie di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Lì incontrarono un religioso redentorista che profetizzò: «Avrete un figlio maschio, lo chiamerete Alfonso, sarà sacerdote e farà la vita del Beato Alfonso». All’epoca il santo vescovo non era stato ancora canonizzato. 

La profezia si concretizzò e Alfonso Maria Fusco nacque il 23 marzo 1839. Ordinato sacerdote il 29 maggio 1863, si distinse per il lavoro incessante nell’educazione dei bambini e dei giovani, soprattutto i più poveri. Le strade dell’epoca, ad Angri come altrove, ne erano piene. E qui il prete diventò uomo dell’impegno sociale. L’educatore don Fusco scendeva nei vicoli per avvicinare chi era considerato scarto della società. La sua fu una dedizione totale agli altri. Si racconta che spesso donava ai poveri finanche gli abiti che aveva addosso. Un comportamento strano per alcuni, che gliene chiedevano ragione. «Do uno, avrò cento», rispondeva. Non a caso è chiamato l’apostolo della carità e lo è stato sin da bambino, poi da giovane prete. «Vorrei che anche la mia ombra potesse fare del bene», diceva a chi collaborava alla sua opera. 

Ad Angri la maggioranza dei bambini rimaneva in strada ad apprendere la sopravvivenza, più che la vita. Don Fusco cominciò a portare quei ragazzi nella casa del padre, dove aprì una scuola non ufficiale, garantendo a tutti doposcuola e attività oratoriali. Il gioco era parte integrante di una visione pedagogica profetica, che lo accomunava ad un altro grande prete dell’Ottocento, San Giovanni Bosco, e al laico fondatore del Santuario di Pompei, l’avvocato Bartolo Longo. E fu profeta coraggioso anche nell’affidarsi alle donne. L’Ottocento non era secolo di rivendicazioni femminili, eppure don Fusco fondò le Battistine con la concittadina Maddalena Caputo ed altre tre giovani. Aprirono ad Angri una casa di accoglienza per le bambine nel 1878. «Ogni bambina deve avere una mamma», diceva. La prima ospite fu un’orfanella che gli venne “lasciata” in chiesa. I soldi non bastavano, ma l’affidamento di don Fusco alla provvidenza era totale. In pochi anni si aprirono case anche a Napoli, Pontecagnano, Torre del Greco, Montecorvino Rovella, Pianura di Pozzuoli.

Nel 1889 s’inaugurò l’orfanotrofio maschile, dove per i piccoli ospiti si tenevano laboratori di calzoleria, falegnameria e tipografia. Il lavoro era lo strumento per liberarli dalla miseria. E ai più piccoli il santo ha continuato a pensare anche dopo la morte, avvenuta il 6 febbraio 1910. Nel 1994, a beneficiare del miracolo che porta don Fusco alla beatificazione è Gershom, un bambino zambiano di quattro anni colpito dalle complicazioni di una grave forma di malaria. Stamattina anche Gershom, che guarì quando ormai i medici disperavano grazie alla preghiera della mamma su un’immagine del santo e che ora ha ventisei anni, sarà in piazza San Pietro. 
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