Giffoni Valle Piana, uccise il padre assieme alla madre e al fratello: la condanna è definitiva

Il 17enne era accusato di omicidio e occultamento di cadavere, rinuncia all’appello: deve scontare 13 anni e 4 mesi di reclusione

La casa dell'orrore
La casa dell'orrore
di Viviana De Vita
Martedì 9 Aprile 2024, 07:00 - Ultimo agg. 08:08
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Rinuncia all’Appello e sconto di pena per il 17enne accusato, insieme alla madre e al fratello maggiore, di aver ucciso e mutilato il padre nel luglio 2022 al culmine dell’ennesima lite familiare consumata all’interno di un appartamento a Giffoni Valle Piana.

Il giovane, assistito dall’avvocato Agostino Allegro, ha rinunciato al processo di secondo grado ottenendo un’ulteriore riduzione della pena inferta in primo grado che, rideterminata in 13 anni e 4 mesi, diviene definitiva con sentenza pronunciata dai giudici del collegio del tribunale per i minorenni.

Nella motivazione della sentenza di primo grado i giudici delineano il profilo psicologico del minore, ristretto attualmente nel carcere di Nisida, al quale è stata negata la messa alla prova per la «riscontrata assenza di un reale pentimento». Quel drammatico clima familiare nell’ambito del quale il minore, sin dalla più tenera età, «ha appreso la violenza come strumento risolutore dei problemi» è ricostruito in una trentina di pagine che proiettano un fascio di luce su una famiglia che - scrivono i giudici - ha «inibito» nel giovane «lo sviluppo di un’affettività sana ed equilibrata».

È il minore a raccontare ai giudici di «una vita familiare dominata da un padre-padrone dall’indole tirannica e controllante, dall’umore bordeline, capace di punizioni, anche fisiche ingiustificate ed improvvise verso tutti i figli e di violenze continue contro la madre» che, invece, appare agli occhi del minore degna di ogni attenzione protettiva. Attraverso le immagini delle telecamere sequestrate nell’appartamento del massacro, la Procura ricostruisce il difficile clima di casa Palmieri. I periti, attraverso l’osservazione di circa un anno di vita familiare, hanno ribadito che «non era solo il padre l’essenza disfunzionale della famiglia».

«Anche la madre - affermano i consulenti - ha giocato una parte determinante nella dialettica familiare soprattutto nell’ambito del contrasto di coppia». Nell’evidenziare il condizionamento del minore da parte della figura materna, con la quale il ragazzo viveva “una dimensione fusionale”, i giudici affermano che «l’omicidio è vissuto dal ragazzo come liberazione dall’oppressione della una figura paterna autoritaria, violenta, controllante» alla quale il 17enne contrappone la fragilità della madre, con la quale rammenta il rapporto privilegiato. Il padre (nel procedimento a rappresentare gli interessi delle parti offese è l’avvocato Rocco Pinto) è vissuto come «figura lontana, esterna a differenza della a madre che appare come la figura genitoriale totalizzante».

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In conclusione - secondo i giudici - «la singolare vicenda è maturata in un contesto disfunzionale creato da entrambi i genitori».

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