Sarno, Canfora rischia la decadenza: arriva dalla Cassazione la pena definitiva per tentata concussione

L'ex presidente della Provincia di Salerno ora rischia anche il mandato di sindaco di Sarno

Il sindaco di Sarno Giuseppe Canfora
Il sindaco di Sarno Giuseppe Canfora
di Nicola Sorrentino
Giovedì 22 Giugno 2023, 06:45 - Ultimo agg. 13:12
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Tentata concussione sul Cda dell’Asi, la Cassazione rende definitiva la condanna a 2 anni di reclusione per l’attuale sindaco di Sarno, Giuseppe Canfora, e l’allora direttore generale della Provincia di Salerno, Bruno Di Nesta (per lui pena di 1 anno e 4 mesi). E ora c’è il rischio decadenza dalla carica per il primo cittadino. La Suprema Corte si è pronunciata martedì pomeriggio, rigettando il ricorso della difesa (avvocati Raffaele Franco, Agostino De Caro e Massimo Marotta). La Procura generale aveva chiesto, invece, un annullamento della sentenza con rinvio a nuovo processo, in quanto «le due sentenze di merito non hanno affrontato il tema decisivo della idoneità in concreto delle espressioni a determinare un abuso costrittivo ai danni di Cassandra», chiedendo una «più pregnante verifica dell’attendibilità della persona offesa». 


LE INDAGINI
L’inchiesta della procura di Salerno partì nel 2013. Secondo le accuse, i due imputati avrebbero tentato di costringere Gianluigi Cassandra (all’epoca presidente pro tempore dell’Asi) a sospendere o revocare i membri del Consiglio d’amministrazione di una partecipata del Consorzio Asi, che furono designati con una delibera, la 251, il 15 ottobre 2014.

Il giorno prima Canfora era stato eletto nuovo presidente della Provincia, con la governante passata dal centrodestra al centrosinistra. In attesa di leggere le motivazioni della Cassazione, la storia va ricostruita riprendendo la sentenza della Corte d’Appello. Stando alla denuncia di Cassandra, quel giorno fu raggiunto da più telefonate da Di Nesta, una di queste fatte dagli uffici della Provincia. Durante una di queste intervenne Canfora, il quale avrebbe riferito a Cassandra di revocare o sospendere quelle nomine relative ai membri del collegio sindacale del “Centro Gestione servizi”, non essendo «contento» di quella decisione. E paventando conseguenze. Lo stesso avrebbe fatto Di Nesta, al quale Cassandra chiese poi un incontro per risolvere l’impasse. Le nomine non furono mai revocate. Sulla pronuncia della Cassazione, il sindaco di Sarno ha preferito non rilasciare commenti. Per i giudici d’Appello, che condivisero l’impianto della sentenza di primo grado, «Canfora e Di Nesta tentarono di perseguire un vantaggio di natura squisitamente politica, tentando di liberarsi di avversari politici e di sostituirli con soggetti al primo politicamente più vicini e a lui maggiormente graditi». Inoltre, riguardo quegli incarichi dal «carattere non squisitamente fiduciario», non vi era discrezionalità alcuna dell’autorità politica di nominare o revocare i componenti di riferimento della Provincia in seno al Consorzio Asi. Eppure - spiegò la Corte - «la sola attivazione di rilevanti strascichi giudiziari, trascinatisi con un contenzioso amministrativo protratto sino alla giurisdizione del Consiglio di Stato, sia stata di per sé idonea a far acquistare una valenza illecita alla condotta complessivamente intesa tenuta dall’imputato, trattandosi di una prerogativa assunta illegittimamente dell’Autorità politica». Di Nesta avrebbe «agevolato Canfora», facendosi «portavoce» di quella richiesta. Inoltre, il tribunale ritenne Cassandra credibile «senza alcun dubbio», così come il suo racconto, composto anche da «telefonate e messaggi con cui venne sottoposto a indebita pressione da entrambi gli imputati. Inoltre, attese correttamente 5 mesi prima di denunciare, proprio perché intendeva attendere l’esito dei ricorsi cautelari innanzi al Tar presentati per la sospensiva dei provvedimenti amministrativi, a firma di Canfora, di sospensione e di revoca dell’incarico, che riguardavano lui e altri cinque consiglieri del Consorzio Asi». Sul rischio di decadenza dalla carica di sindaco, per Canfora, toccherà attendere la restituzione degli atti della Cassazione in Corte d’Appello. Gli atti finiranno poi al Prefetto, che dovrà pronunciarsi a riguardo.

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