Festival di Sanermo, all'Ariston è l'anno del rap napoletano

Festival di Sanermo, all'Ariston è l'anno del rap napoletano
di Federico Vacalebre - Inviato
Martedì 9 Febbraio 2016, 11:42
4 Minuti di Lettura

E come detto fatto: «Ce truove sempre mmiezza a via», rappa Clementino alla fine di «Quando sono lontano», il pezzo con cui sarà in gara domani. E il giorno dopo lui e il rivale-amico-fratello Rocco Hunt improvviseranno in freestyle per le strade di Sanremo: «Rivalità zero, amicizia cento. Altro che derby del rap napoletano: il risultato che più conta sabato è quello di Juventus-Napoli», sorride il capocannoniere hip hop, per cui si sono già mobilitati i sindaci di Camposano, Nola e Cimitile, con tanto di conferenza stampa e promessa di tifo, ovvero di televoto: «L'anno scorso avevo provato la strada del Festival con Luna, ma non mi hanno voluto. E quasi quasi sono contento che sia andata così: quella era una canzone d'amore, quest'anno ho scritto di getto questo flow sulla base propostami da due producer tedeschi. Invece del solito lamento del Sud dove non funziona niente ho buttato giù rime di lontananza e nostalgia, raccontando come mi sento nei panni di moderno emigrante, ma anche pensando come dovevano sentirsi i nostri nonni, e bisnonni, quando dovevano partire per viaggi ben più lunghi e difficili di quelli che facciamo noi oggi, per vite ben più complicate».Se la base è più pop del suo solito, con tanto di chitarra e di violini sanremesi, il flusso verbale è assassino: «Credo sia il testo con più parole di tutta la storia del Festival. Ed è una delle cose di cui sono più orgoglioso nella mia vita, anche tecnicamente, piena di allitterazioni, di assonanze, di ricercatezze». «Quante notti oscurate, nocche spaccate, note stonate», spara da poeta metropolitano, alternando il dialetto all'italiano. «In fondo anche questa è una canzone d'amore, ma per una città, per una terra, per un popolo», spiega fiero del suo zoo verace: lui, per i fans si chiama Iena, e il suo direttore d'orchestra, Enzo Campagnoli, l'ha ribattezzato Tigre. Nella serata delle cover rileggerà «Don Raffae'»: «Un De André napoletano ad honorem, un pezzo che ha cantato anche Murolo, insomma prendo due piccioni con una fava, rendendo omaggio a due maestri. Un classico, purtroppo attualissimo, perché di carceri piene, di camorristi e di politici corrotti si parla oggi persino più di allora». Nessuna coda hip hop, nessun verso aggiunto, «massimo rispetto e una piccola licenza finale, quando ho alterato a mio uso e consumo la metrica». Intanto per la finale di sabato sera («spero di esserci con Rocchino, poi a notte fonda ci regaleremo una bella jam session, sperando di festeggiare anche la vittoria del Napoli») ha chiesto a Salvatore Esposito, il Genny Savastano di «Gomorra» l'endorsement via video previsto dal regolamento: «Volevo coinvolgere Siani, ma ci aveva pensato anche mister Hunt e così, non potendo Alessandro lanciare entrambi, ha preferito tirarsi indietro. Noi siamo davvero amici, non per finta. E sono contento che a presentarmi sia un altro amico, un altro napoletano eccellente». Con mamma, papà e il fratello Paolo, voce dei TheRivati, in arrivo domani, Clemente Maccaro (così all'anagrafe) pensa già al dopo-Sanremo: «Sono venuto qui soprattutto per gli effetti collaterali.

L'altra notte ho fatto una diretta su Facebook con quasi cinquecentomila contatti. È la prima volta che il vero rap sbarca a Sanremo e io tiro fuori una nuova edizione del mio album, Miracolo, con il meglio dei due dischi più il pezzo di Sanremo, Don Raffae', un inedito con Giuliano Palma, il brano che avevo dedicato a Pino Daniele all'indomani della sua morte unendo titoli e versi dei suoi capolavori e qualche altra chicca». Stressato? Nervoso? «Dovrei fare il duro, ma sono tenero: sì. Quasi quasi bevo una grappa: bianca, liscia. Anche questo me l'ha insegnato zio Pino».© RIPRODUZIONE RISERVATA