Avellino, l'Asl chiude il centro gestito dalla Caritas

La struttura d'ascolto offre supporto a 600 famiglie in difficoltà

Avellino, l'Asl chiude il centro gestito dalla Caritas
Catena e lucchetto al cancello d'ingresso e serratura della stanza sostituita. Questa la situazione dinanzi alla quale si sono trovati ieri mattina i volontari e gli utenti...

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Catena e lucchetto al cancello d'ingresso e serratura della stanza sostituita. Questa la situazione dinanzi alla quale si sono trovati ieri mattina i volontari e gli utenti centro Zaccheo di Corso Europa, lo sportello d'ascolto della Caritas di Avellino che offre supporto a circa 600 famiglie fragili della città.

Gli accessi sono stati sbarrati, con un'operazione avvenuta in meno di 24 ore, su disposizione dell'Asl. Il centro Zaccheo, infatti, sorge all'interno di un edificio in disponibilità dell'Azienda sanitaria locale. Lo stesso stabile, cioè, è sede del Centro Alzheimer, servizio attivato dal distretto sanitario di Avellino, che lo occupa per la maggior parte, mentre una singola stanza ospita lo sportello della Caritas. Una convivenza, questa, che ieri mattina è stata bruscamente interrotta.

A denunciare pubblicamente l'accaduto sono stati proprio i volontari e, in particolare, Carlo Mele, il responsabile, su incarico del vescovo, del centro. L'azione di forza che, di fatto, ha impedito a operatori e assistiti di accedere allo sportello, come spiega Mele, arriva a distanza di una decina di giorni da una comunicazione formale di sfratto. Una pec indirizzata all'ente diocesano e inviata dalla direzione del distretto Asl di Avellino, vale a dire, imponeva lo sgombero, entro sette giorni, del Centro d'ascolto.

Di disguido parla il direttore del distretto sanitario. «Lo sbarramento del cancello - dichiara Armando Pirone, contattato da Il Mattino - è stato necessario per ragioni di sicurezza. Per entrare avrebbero potuto fare il giro». E continua: «Io non so di nessun Centro, oltre a quello per l'Alzheimer. Non ci sono le carte. A me risulta che quella stanza è stata concessa alla Caritas a uso di deposito e che ogni tanto si svolge qualche colloquio, ma senza nessuna legittimazione». E rimarca: «Il Centro Alzheimer, per ragioni di sicurezza, che io sono tenuto a garantire, deve avere una continuità di spazi». Infine: «Questo Mele non so chi sia».

La Caritas, assicura il responsabile, ha risposto alla missiva, dicendosi propensa a individuare uno spazio alternativo dove poter ricollocare lo sportello ma, allo stesso tempo, chiedendo una proroga dei tempi. Una richiesta necessaria soprattutto per garantire la continuità del servizio a indigenti e bisognosi. Poi, però, l'amara sorpresa, con Mele che l'altro ieri, al termine dell'attività giornaliera, ha chiuso la porta del centro, per poi ritrovarla all'indomani con la serratura cambiata.

«L'Asl ci ha impedito l'ingresso - esclama - e non abbiamo potuto aiutare le persone che nel frattempo arrivavano per ricevere assistenza». E continua: «Tra l'altro tutte le nostre cose erano rimaste all'interno. Alla fine, per recuperare i documenti più urgenti ho dovuto chiedere a un'operatrice del Centro Alzheimer di aprire la stanza, di cui aveva le nuove chiavi». Forte l'indignazione per l'accaduto: «Avrebbero almeno potuto avvisarci», dice. Mele racconta anche di avere immediatamente contattato il direttore del distretto sanitario di competenza, Armando Pirone, per comprendere l'accaduto. «Ma ancora state là? Ve ne dovete andare, mi ha risposto», si è sentito rispondere. Quindi sottolinea pure che sulla vicenda era già in corso un'interlocuzione tra il vescovo, Arturo Aiello, e il direttore generale dell'Asl, Mario Ferrante.

Tuttavia, dopo la segnalazione pubblica, un colloquio tra il vicario della Curia e il direttore generale dell'Asl avrebbe sciolto il nodo. Ai volontari, infatti, è stato assicurato che lo sportello sarà riaperto, ma non prima di lunedì. Dunque un dietrofront dell'Asl, con la proroga necessaria al trasferimento in un'altra sede. «Ho appreso che Ferrante non ne sapesse nulla e che ha detto che si è trattato di un disguido», motiva Mele.
 

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Il Mattino