Covid ad Avellino, la protesta degli esercenti: «Lockdown mascherato»

Covid ad Avellino, la protesta degli esercenti: «Lockdown mascherato»
Protestano contro le ultime restrizioni governative modificate, con ulteriore giro di vite, dalla Regione Campania. Un centinaio di persone, tra gestori di palestre, centri...

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Protestano contro le ultime restrizioni governative modificate, con ulteriore giro di vite, dalla Regione Campania. Un centinaio di persone, tra gestori di palestre, centri benessere, bar, pizzerie e ristoranti di Avellino e provincia si sono incontrati ieri pomeriggio attorno alle 16 nell'area pedonale del Corso Vittorio Emanuele, all'altezza della prefettura. Circondati da polizia e vigili urbani, i manifestanti hanno esposto le proprie ragioni. Ciro Covi, proprietario del bar Saint Tropez di Piazza d'Armi, è uno dei promotori della protesta nata sui social: «È un lockdown mascherato: chiudere la ristorazione alle 18, consentendo solo l'asporto fino alle 22,30 e le consegne a domicilio fino alle 23, per molti di noi vuol dire lavorare la metà. Per altri significa addirittura chiudere, almeno temporaneamente».

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L'ultimo riferimento di Covi è a vinerie e bistrot che sostanzialmente svolgono la somministrazione nelle ore serali. «Ma anche un semplice bar che è privato, per esempio, degli apertivi serali avrà ricadute pensatissime». Quindi il dissenso: «Abbiamo sempre rispettato le regole, come tutti i commercianti. E, dati alla mano, dentro i nostri locali non si sono mai alimentati contagi né sviluppati focolai. Inoltre, se serrata doveva essere si sarebbero dovuti trovare prima i soldi per sostenerci. A quanto pare, sotto questi aspetti non c'è ancora chiarezza: chissà se e quando vedremo qualche euro». Rincara la dose, Carmela Iovine della pizzeria Zio Vincenzo di Atripalda: «Portare avanti un'attività di questo tipo è già molto difficile. Adesso lo sconforto è tanto: non nascondo di aver pensato, più volte dall'inizio della pandemia, di chiudere per sempre. Eppure siamo noi che rimpinguiamo le casse dello Stato ma, a quanto pare, non siamo apprezzati né degni di essere ricompensati. Dunque, in un momento come questo lo sconforto, come detto, prende il sopravvento». Blocco totale per piscine e palestre. «Da marzo siamo praticamente fermi, abbiamo lavorato un paio di mesi. Siamo molto al di sotto delle nostre possibilità: il danno economico è incalcolabile e difficilmente ci riprenderemo», commenta Roberto Capozzi del Kickboxing Club Avellino.

Gli fa eco Lucio Cecere, referente provinciale delle Associazioni sportive e sociali italiane (Asi): «La prima fase dell'emergenza è stata una prova durissima per tutti i gestori di palestre, piscine e di qualsiasi altra struttura sportiva. Nel nostro settore, è bene ricordarlo, i contagi sono quasi a zero: mi riferisco alle palestre o alle manifestazioni sportive all'aperto. Eppure siamo i primi a chiudere: sinceramente non riusciamo a comprenderne le motivazioni». Assenti gli esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo chiusi per decreto anche cinema e teatri o almeno non si palesano al microfono che è a disposizione di tutti. A ricordarli ci pensa però un cittadino che prende la parola: «I luoghi più sicuri sono proprio i cinema e i teatri: qui in 5 mesi, oltre a non incassare, i proprietari ci hanno rimesso di tasca propria per mettere i locali a norma», dice Gerardo Di Martino, avvocato penalista. Non mancano i negazionisti, sono un paio quelli a parlare. E purtroppo raccolgono pure gli applausi dei presenti. Uno si spinge davvero oltre. Prima nega l'epidemia: «Il problema è di carattere economico-finanziario: ci stanno mettendo addosso l'angoscia di una pandemia che non esiste», afferma Giovanni Tolino. Poi addirittura invita «ad andare a vedere come giocano a carte nelle terapie intensive», (ieri il quinto ricovero in 10 giorni di un contagiato registrato al Moscati di Avellino). La manifestazione va avanti con toni sempre più confusi. E si disperde verso le 17,30.
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Il Mattino