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Telefonare a casa di Franco Nero di per sé evoca lo stesso entusiasmo di Paolo Villaggio in "Scuola di ladri", "un mio idolo!". Se poi ti risponde sua moglie, la grandissima Vanessa Redgrave, allora capisci che, forse, sarebbe meglio darsi una sberla per riconnettersi con la realtà. Eppure la grandezza di questi personaggi sta anche nel non essere divi.
Per Franco Nero, all'anagrafe Francesco Sparanero, la sintesi è nell'estrema semplicità con cui racconta un passato da raccogliere a fascicoli settimanali ed un presente sorprendente. Ed è proprio quest'ultimo che lo porterà domani al Cinema Partenio (ore 19, Zia Lidia Social Club) per il tour di "L'uomo che disegnò Dio", il suo secondo lavoro da regista che lo vede anche interprete principale. Il protagonista, Emanuele, è un anziano cieco con un grande dono: la capacità di ritrarre chiunque semplicemente udendone la voce. «Nasce da una storia vera di cui mi parlò qualche anno fa Eugenio Masciari. A Torino c'era un non vedente che ascoltando la voce dei suoi interlocutori, riusciva a ricostruirne i lineamenti con la pastilina».
Da qui l'idea: «Ho chiamato il mio sceneggiatore Lorenzo De Luca: "Dobbiamo fare questo film e niente studios, lo giriamo in un circo".
Circa 50 tra sceneggiati e fiction, ma in tv ci va di rado e, se l'accende, è solo per guardare lo sport: «Ora sto seguendo il tennis. C'è il torneo di Dubai. È uno sport che ho sempre praticato. Ancora oggi non rinuncio al mio doppio». È un grande appassionato di musica: «Amo il suono armeno e il duduk. Giuliano Taviani lo ha inserito nelle sue musiche per questo film. Sui titoli di coda ho voluto anche "Kumbaya my lord". Amo il jazz, amo il blues. Del resto il mio primo da film da regista è stato "Forever blues". All'Alexander Platz a Roma il mio amico Lino Patruno mi fa canticchiare un po' di canzoni». Tra queste "When you're smiling": «La cantava sempre Luciano De Crescenzo quando frequentavamo il New Orleans Cafè in via XX Settembre». Volendo citare proprio De Crescenzo: la vita andrebbe vissuta in larghezza più che in lunghezza: «Ho vissuto da privilegiato. Sono stato in più di 100 Paesi». Domani il ritorno ad Avellino: «È una città che mi ricorda i figli del presidente De Mita con cui ci siamo frequentati. Al Partenio poi ho giocato due volte con la Nazionale attori».
Il Mattino