I giudici dicono che deve insegnare in Irpinia, ma l'Ufficio scolastico provinciale (Usp) non le dà la cattedra. A denunciarlo, Rita Spina, una docente avellinese,...
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Condizione condivisa da tantissimi colleghi meridionali, che come lei hanno si sono appellati al Tar del Lazio. I togati, con diverse sentenze «gemelle» pubblicate il 10 settembre dell'anno scorso, si sono definitivamente pronunciati su questi ricorsi presentanti in massa dai docenti coinvolti nella mobilità nazionale per l'anno scolastico 2016/2017 e depositati dagli avvocati Michele Ursini e Vincenzina Salvatore. Le sentenze dichiarano nulli i provvedimenti, valutando illegittima pure l'ordinanza ministeriale 241 del 2016 che ha regolamentato l'intero procedimento. I magistrati amministrativi obbligano di fatto gli Usp ad attribuire una cattedra nella provincia che gli insegnanti hanno indicato come prima opzione nella domanda di mobilità. «Nonostante le sentenze siano diventate definitive perché non appellate dal Miur, attendo ancora che l'Usp di Avellino mi faccia tornare a casa», spiega Spina. «Il provveditorato prosegue - persiste illegittimamente nella propria inottemperanza».
A rafforzare la posizione dell'insegnante anche il parere favorevole reso dal giudice del lavoro di Avellino, Maria Iandiorio, all'esito del giudizio intrapreso dall'avvocato Nicola Longobardi. Con quest'altra sentenza sono state accolte tutte le domande proposte, riconoscendo non solo il punteggio maturato per gli anni di servizio svolto nelle scuole paritarie, ma anche il quinquennio maturato durante il servizio pre-ruolo su posto di sostegno utile al fine del passaggio al posto comune. «È di palese evidenza sottolinea Spina l'omissione da parte dell'Usp di Avellino che, addirittura, si pone in contrasto con altri Uffici territoriali che, invece, hanno accolto le stesse richieste. Quanto sta accadendo pregiudica non solo il diritto dei docenti a vedersi riconoscere dalla pubblica amministrazione quanto deliberato dalla magistratura, ma comporta gravissime conseguenze anche sulla qualità dell'insegnamento e dell'organizzazione scolastica, in quanto si lede gravemente il diritto degli studenti alla continuità didattica, cosa ancor più deplorevole nel caso di studenti affetti da disabilità».
Se da via Cannaviello non arriveranno buone nuove, «siamo pronti a ricorrere nuovamente al Tar per ottenere la nomina di un commissario ad acta il quale, sostituendosi ai dirigenti dell'Usp provvederà alle assegnazioni». Insomma, a distanza di quattro anni dall'entrata in vigore della «Buona scuola», presentata già nel nome come panacea a tutti i mali del sistema scolastico, si alimenta un notevole contenzioso tra docenti, Miur e Usp. «Come evidenziato dai magistrati spiega ancora Spina - il procedimento di mobilità non avrebbe dovuto essere governato unicamente da un algoritmo matematico: le procedure informatiche applicate ai processi amministrativi devono collocarsi necessariamente in una posizione di servizio rispetto agli stessi». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino