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Il primo violino d'Italia ritorna in Irpinia. Uto Ughi è il protagonista atteso stasera (ore 21) al Teatro Comunale di Lacedonia.
Posti in via di esaurimento per un appuntamento da non perdere. Ughi lo scorso maggio è stato ospite della rassegna Classicariano. In quella circostanza fu accompagnato al pianoforte da Bruno Canino. Stasera al suo fianco ci sarà il pianista Leonardo Bartelloni. Considerato tra i più grandi violinisti del mondo, Ughi ha conquistato i principali Festival del pianeta con le più rinomate orchestre sinfoniche. Una vera leggenda vivente che non limita i suoi interessi alla sola musica, ma è in prima linea nella vita sociale del Paese e il suo impegno è volto soprattutto alla salvaguardia del patrimonio artistico nazionale mirando alla diffusione e alla valorizzazione della musica classica tra i giovani. È diventato suo malgrado il fustigatore delle nuove tendenze musicali con le sue recenti esternazioni: «Oltre ai Måneskin ascoltate anche Vivaldi».
Sul palco il maestro porterà un violino Guarneri del Gesù del 1744, che possiede un suono caldo dal timbro scuro ed è forse uno dei più bei "Guarneri" esistenti, e uno Stradivari del 1701 denominato "Kreutzer" perché appartenuto all'omonimo violinista a cui Beethoven aveva dedicato la famosa Sonata. In scaletta non potrà mancare il "Trillo del diavolo" di Tartini, uno dei pezzi forti di Ughi. Del resto s'intitola proprio "Quel Diavolo di un Trillo - note della mia vita" il libro che racconta il suo percorso di vita interamente dedicata alla musica. «Quando sono stato chiamato alla direzione artistica del Teatro Comunale di Lacedonia spiega Maurizio Giannetta ho accettato di buon grado poiché conoscevo molto bene i miei interlocutori, persone che si prodigano da decenni a promuovere cultura e solidarietà, e conoscevo altrettanto bene anche il contesto in cui andavo a creare un cartellone di eventi, un luogo di passione e sensibilità artistiche in cui erano purtroppo nati sentimenti di sfiducia, tormento e malinconia nei confronti dell'istituzione teatrale, una presa di distanza sicuramente arrecata dai tre anni di chiusura forzata per la pandemia, e da una discutibile gestione delle ultime stagioni, spesso ripetitive e poco attente alle esigenze popolari.
È stata ed è ancora una sfida ambiziosa, coraggiosa, ma la nostra lunga esperienza nella gestione di grandi eventi ci da la serenità e i mezzi per fare bene, dove operiamo da sempre con grande umiltà e dedizione. E se guardiamo anche ai numeri, non possiamo che essere davvero soddisfatti: in un teatro di un piccolo paese di provincia abbiamo sottoscritto oltre 350 abbonati e ad ogni spettacolo raggiungiamo il sold out con lo sbigliettamento dei restanti posti. Certo i grandi nomi servono anche a questo, ma c'è molto altro dietro un cartellone che abbraccia tutte le arti e si rivolge a tutte le età. Il mio auspicio ora che siamo al giro di boa, dopo i primi sei spettacoli dei dodici previsti è di avvicinare al teatro anche le giovani generazioni, incuriosendo con le nostre proposte le loro attività».
Il Mattino