Acqua, allarme Arpac: «Falda contaminata, ora cercare alternative»

L'indicazione: sostituire Pezzapiana con fonti più sicure

L'allarme dell'Arpac
«In dieci anni si è verificato un solo precedente di non potabilità da tetracloroetilene, prima del picco di metà novembre. Ma la falda presso la...

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«In dieci anni si è verificato un solo precedente di non potabilità da tetracloroetilene, prima del picco di metà novembre. Ma la falda presso la Stazione è certamente contaminata, non se ne conoscono le cause e pertanto è opportuno sostituire Pezzapiana con fonti più sicure». Due settimane dopo la clamorosa emergenza lampo, arriva la verità di Arpac sul caso che ha scosso la città.

Un dettagliato dossier da 36 cartelle che fa il punto su quanto accaduto nel vorticoso weekend di 15 giorni fa, ma anche sulla condizione pregressa e le prospettive future del sito vitale per mezza Benevento. La relazione tecnica trasmessa nelle scorse ore dal Dipartimento provinciale dall'Arpac a Comune, Provincia, Regione, Asl e Prefettura fornisce tutti i referti dei campionamenti effettuati dagli organi istituzionali di controllo tra martedì 15 e sabato 19 novembre.

Periodo nel quale, attesta Arpac, si sono susseguiti ben 4 superamenti dei valori limite, ma soltanto l'ultimo, l'ormai celeberrimo picco da 250 microgrammi di tetracloroetilene emerso da un campione Asl prelevato la mattina del 17 novembre a Pezzapiana, ha determinato lo stop. Eppure già il 15 novembre l'Asl aveva attinto a Pezzapiana flaconi d'acqua risultati ben oltre il limite di legge: 189 microgrammi in luogo dei 10 consentiti. Non scattò però nessun provvedimento automatico da parte dell'Asl che optò per una replica il 17 novembre con il responso monstre dei 250 microgrammi prima di intimare in serata il divieto emanato dal sindaco Mastella. Una decisione che alimenta gli interrogativi sulle ragioni che hanno spinto l'Asl a non propendere per una interdizione immediata dell'utilizzo idropotabile.

E non può non sollevare perplessità un ulteriore dato eclatante rivelato dal report. Nella stessa mattina del 17 novembre i funzionari dell'Arpac e quelli dell'Asl eseguirono campionamenti separati alla vasca post clorazione di Pezzapiana. Mezz'ora di distanza tra i prelievi ma risultati incredibilmente diversi: 250 microgrammi nel campione Asl, solo 47,5 microgrammi in quello Arpac. Un ulteriore campione prelevato da Arpac a monte del trattamento al cloro aveva rivelato la presenza di 62,2 microgrammi. Responsi tutti molto al di sopra del tetto dei 10 microgrammi limite per l'uso potabile, ma lo scostamento tra le risultanze analitiche è disorientante quanto inspiegato dalla relazione dell'Agenzia. Così come non ci sono motivazioni a proposito della ancor più abissale differenza tra i valori emersi dalle fiale d'acqua attinte da Asl e Arpac a Pezzapiana il 17 novembre e quelle prelevate nella medesima giornata dai fontanini della vicina piazza Basile (1,3 microgrammi), e di viale San Lorenzo (1,1 microgrammi). Differenze eclatanti pur considerando la miscelazione con acqua del Biferno. Valori tornati nei limiti, attesta Arpac, nei referti dei giorni seguenti: «I risultati analitici hanno evidenziato tetracloroetilene inferiore a 10 microgrammi/litro in tutti i campioni esaminati e pertanto conformi».

E anche storicamente, i superamenti della soglia di potabilità sono stati episodici: «Una sola volta prima degli eventi del novembre 2022 - certificano i funzionari Arpac sulla scorta delle sequenze storiche - in occasione della comunicazione inviata da Gesesa che ha accertato una concentrazione pari a 47 microgrammi nelle acque sotterranee del pozzo 2 di Campo Mazzone prelevate il 9 marzo 2021». Rilevamento in autocontrollo che portò alla dismissione di Campo Mazzone. Ma se la potabilità è al momento ristabilita, non altrettanto può dirsi per lo stato ambientale dell'area: «Dai dati storici in possesso dell'Agenzia - scrivono i funzionari Arpac - è possibile asserire una presenza arealmente diffusa e costante del tetracloroetilene a causa di sorgenti di contaminazione allo stato non ancora individuate». Non manca in proposito il richiamo a Palazzo Mosti: «Uno degli obiettivi del Piano della caratterizzazione che il Comune deve eseguire è l'individuazione delle sorgenti». Piano eseguito a metà. La mappa stilata sulla base dei 31 pozzi spia collocati durante la prima fase rivela le aree di massima concentrazione a ridosso della Stazione.

Area che dovrebbe rientrare invece, e questa è una importante novità della relazione Arpac, in una fascia di tutela sancita per legge: «L'articolo 94 del decreto 152/2006 - ricordano i tecnici dell'Agenzia - prescrive un'area di salvaguardia di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione. Appare evidente che i punti di captazione Benevento2 si trovino a ridosso della Stazione ferroviaria che dista non più di 20 metri dal pozzo». Nelle considerazioni conclusive Arpac indica al Comune la necessità di opzioni alternative: «Si ritiene opportuno che i soggetti istituzionali a ciò deputati pongano in essere azioni mitigative immediate atte a sostituire, anche in parte, la risorsa idrica con una risorsa di migliore qualità chimica. In subordine o in aggiunta, trattare le acque attualmente utilizzate per ridurre la concentrazione di tetracloroetilene prima che vengano distribuite in rete». Arpac consiglia inoltre, e in questo caso il destinatario è l'Asl, più controlli: «Occorre incrementare le attività di monitoraggio della risorsa idrica al fine di rendere maggiormente probabile la possibilità di individuare picchi anomali di concentrazione».


Opzioni già nell'agenda di Palazzo Mosti come i futuri approvvigionamenti da Solopaca e Campolattaro e l'impianto a carboni attivi, con tempi di realizzazione però lunghi che rendono sempre possibili nuove emergenze.
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Il Mattino