Airola, pranzo e confronto con i detenuti all'Ipm. Ciambriello: «Gioventù sospesa»

Colloqui e sorrisi a tavola con gli ospiti della casa circondariale

La visita del garante Ciambriello
Si è svolto presso il carcere minorile di Airola un particolare incontro, organizzato dal garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della...

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Si è svolto presso il carcere minorile di Airola un particolare incontro, organizzato dal garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale Samuele Ciambriello, insieme alla direttrice dell'istituto Eleonora Cinque e al magistrato di sorveglianza Margherita Di Giglio. Dopo i colloqui con i detenuti, il garante ha voluto organizzare un momento di socializzazione attraverso un pranzo con tutti i 27 ragazzi ospiti della struttura, di cui 4 in articolo 21, ai quali è stato offerto un menu a base di frutti di mare, con un dessert tipico napoletano. La direttrice Cinque ha ringraziato il garante affermando che «questi momenti sono indispensabili per stare insieme, così da instaurare rapporti solidi di collaborazione e fiducia, anche in ragione dei nuovi detenuti arrivati, che sono stati accolti nel migliore dei modi». Inoltre il magistrato di sorveglianza Di Giglio, dopo aver tenuto i colloqui individuali con detenuti definitivi, ha rivolto loro un messaggio: «Ragazzi, sappiate cogliere le cose positive che questi momenti vi possono offrire, vi ricordo che avete le fortuna di avere una direttrice disponibile, un garante presente e io, che come magistrato di sorveglianza, lavoro con voi perseguendo il vostro interesse». «Ringrazio tutti per questa splendida giornata - ha detto uno dei detenuti a conclusione del pranzo -, mi impegno e chiedo ai miei compagni di mantenere un comportamento idoneo che duri nel tempo».

Poi, all'uscita dal carcere, Ciambriello ha aggiunto: «Ogni volta che vado in un istituto minorile penso che oltre Mare Fuori c’è una gioventù sospesa, adolescenti a metà con la morte nel cuore, giovani papà di sedici e diciassette anni che entrano in carcere anche con reati gravi. Ma il dato che mi spaventa è la mancanza di consapevolezza del reato commesso. Negli anni '80 e '90, i minori venivano considerati dalla società come soggetti bisognosi di una guida e di aiuto, purtroppo negli ultimi decenni il clima è cambiato: i giovani a rischio sono considerati, sia dalla politica che dalla maggioranza delle persone, come una minaccia per la convivenza civile, pertanto si è conseguentemente assistito a un inasprimento delle pene. Ma io li guardo, ascolto le loro storie e mi chiedo, è giusto reprimere?  L'accudimento di chi è? Chi lo deve fare? E la prevenzione a chi spettava? Ecco, da qui immagino anche le nostre omissioni, le omissioni delle istituzioni e di tanti di noi rispetto a queste vite spezzate».

 

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Il Mattino