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«La partita dell'autonomia differenziata è troppo importante per ridursi a un ping pong più o meno quotidiano tra il ministro Roberto Calderoli e i presidenti delle Regioni. Si tratta di una questione che riguarda innanzitutto noi sindaci e allora è venuto il tempo di ascoltare anche la nostra parola. Anzi, è ora che i responsabili dei Comuni diventino protagonisti attivi nella definizione dei nuovi equilibri. Prima che sia tardi», dice Clemente Mastella. Così, terminati i lavori della trentanovesima assemblea nazionale dell'Anci, appena giunto da Bergamo il sindaco di Benevento ha deciso di assumere l'iniziativa. Ha scritto al responsabile campano dell'Associazione nazionale dei sindaci, il collega di Caserta, Carlo Marino, perché si faccia promotore di una richiesta ufficiale che porti i primi cittadini al tavolo del confronto.
Mastella, alla buon'ora.
«Certo, alla buon'ora. Ma occorre far presto e mi pare indispensabile recuperare l'orgoglio dei sindaci che restano coloro sui quali continuano a cadere gli effetti di scelte fondamentali per la vita delle comunità che amministrano. È la conseguenza di una dialettica istituzionale che si è distorta e che ha visto stravolgere i ruoli. Ha fatto bene il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a ricordare proprio aprendo i lavori dell'assemblea di Bergamo che i Comuni devono essere posti nelle condizioni di potere operare specie nella consapevolezza dei fondamentali impegni a cui sono chiamati con il Pnrr».
Il capo dello Stato ha ricordato che i Comuni «sono la Repubblica», come recita l'articolo 114 della Costituzione e che «si dedicano, con dignità identica e con impegno, alla responsabilità di sostenere le nostre comunità, offrendo servizi di carattere universale». Il disegno dell'autonomia differenziata rischia di mettere in discussione l'attuazione di questo compito?
«Al punto in cui siamo arrivati c'è da intervenire sul processo in atto e di fare in modo che i Comuni non paghino il prezzo più alto.
A che cosa si riferisce?
«Le Regioni dovrebbero svolgere la funzione di programmare, non di gestire. Invece siamo di fronte a governatori che amano sovrapporsi ai sindaci e gestiscono ormai tutto, anche l'allestimento delle luminarie per le festività di Natale. I sindaci non possono veder limitato il loro spazio e ritrovarsi alla fine a fare i conti di fronte ai cittadini per provvedimenti a cui non sono stati chiamati a fornire l'opportuno contributo».
Lei qualche tempo fa denunciò quello che definì un colpo di mano delle Regioni del Nord e il tafazzismo di chi nel Sud intendeva sostenere con il voto alla coalizione di centrodestra un progetto del genere.
«Con l'autonomia differenziata si paventa la possibilità di un assetto istituzionale che minerebbe la solidarietà nazionale e renderebbe strutturale la diseguaglianza. Questo colpo di mano ai danni del Mezzogiorno è stato stigmatizzato dai Vescovi delle aree interne in quello che è stato un vero e proprio Manifesto di Benevento e che non a caso suscitò la reazione del governatore leghista della Lombardia. Oggi siamo in una fase in cui è indispensabile chiarire che cosa davvero si intenda, ad esempio, per Livelli essenziali di prestazione e quale sia il prezzo che i Comuni pagheranno. Ci accorgeremo, così, che la spaccatura non sarebbe soltanto tra Settentrione e Meridione ma pure all'interno di ampie aree del Nord».
Intende, dunque, richiamare all'attenzione anche gli amministratori settentrionali?
«Sicuramente. Perciò la strategia dell'autonomia differenziata deve essere declinata in una lingua che non sia territoriale ma nazionale. Noi sindaci abbiamo il dovere di porre questa esigenza e di farlo in una forma che sia neutra, non politica o ideologica».
Ma non vede spaccature che si aprono all'interno delle forze politiche? Il governatore dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini del Pd, spinge per il regionalismo avanzato.
«A Bonaccini vorrei raccomandare accortezza e prudenza, non vorrei che questa sua posizione nuocesse alle sue ambizioni di conquistare la guida nazionale del suo partito. Il Pd sta scontando l'errore di aver voluto la modifica del titolo quinto per inseguire il leghismo sul terreno del federalismo. Però può succedere che l'affanno prevalga e che si finisca poi per arrivare stremati e perdenti al traguardo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino