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«Una volta salvata la società dal fallimento bisognerà procedere a una sua ristrutturazione, stop allo stipendificio di cui qualcuno ha approfittato finora. Mentre i Comuni soci dovranno cominciare a prevedere risorse proprie o a chiedere finanziamenti per la riqualificazione delle reti di distribuzione interne. Se vogliamo voltare pagina e passare a un’azienda capace di erogare un servizio economico, efficace e efficiente, tutti dovranno fare la propria parte». Nell’ultima assemblea informativa per i sindaci dei Comuni soci dell’Alto Calore, in vista della presentazione della domanda di concordato e dell’annesso piano industriale che dopodomani saranno depositati all’ufficio fallimenti del tribunale di Avellino, l’amministratore unico, Michelangelo Ciarcia, lancia i suoi strali. E quello che nella sala grande del Viva Hotel è potuto sembrare un tema di contorno all’illustrazione del piano di risanamento, ne è, invece, una parte fondamentale.
«Dal mio insediamento – afferma il manager – non ho dovuto combattere solo con i numeri ma anche contro i delatori dell’azienda, quelli pronti a denunciare anche procedure lecite, pur di provare a creare ulteriori problemi rispetto alla grande massa debitoria. Si tratta degli stessi dipendenti, pochi per la verità, che vengono solo a prendersi lo stipendio. Dopo l’omologa non ci sarà più spazio per chi non vuole impegnarsi e addirittura ci rema contro. Servirà un direttore generale per far funzionare al meglio le singole Aree e l’intera struttura aziendale che va riorganizzata. Servirà del tempo, ma cose del genere non saranno più tollerate».
«Per la manutenzione delle condotte – aggiunge rivolgendosi ai primi cittadini – la società impegnerà all’incirca 5 milioni di euro all’anno, ai singoli Comuni, però, spetterà sostituire i tratti di reti idriche fatiscenti e adeguare i propri serbatoi».
Anche ieri nessun dato numerico esposto ai soci. Le cifre, a quanto pare, sono ancora in evoluzione e tutti i consulenti e gli advisor ingaggiati stanno lavorando alla definizione di un quadro complessivo. E così il vertice della spa di corso Europa illustra i 3 pilastri sui quali si basa il progetto, ribadendo che tutto è legato all’ottenimento dell’omologa del concordato che non avverrà prima di aprile-maggio. Innanzitutto il risparmio dei costi energetici e non derivanti dalla cessione della centrale di Cassano e i suoi impianti di derivazione alla Regione, che ammonterebbe a circa 10 milioni di euro al netto dell’acquisto della risorsa idrica. Anche questo passaggio si concretizzerà a giugno prossimo, considerando l’iter da effettuare. C’è poi l’affidamento del servizio idrico integrato che comporterà la gestione di tutta la depurazione civile nell’ambito idrico irpino e, quindi, ulteriori ricavi. E, infine, le maggiori entrate per l’aumento della tariffa del 3,5%, a fronte della lievitazione dei prezzi dell’energia nel biennio 2021-2022.
In attesa del responso del Tribunale si andrà avanti con la gestione ordinaria che passerà sotto la lente d’ingrandimento dei commissari giudiziali. Ancora scettici sulla procedura di scissione dalla spa, che si concretizzerà solo in un secondo momento, i primi cittadini dei 31 Comuni sanniti che dovranno uscire dall’Alto Calore per entrare nella nuova società pubblico-privata che andrà a gestire il sistema idrico integrato in provincia di Benevento. Per i sindaci di Reino, Apice e Guardia Sanframondi, infatti, il meccanismo, molto tecnico, non è ancora chiaro in tutti suoi passaggi.
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