Rapina senza colpevoli nel Sannio, lettera a Salvini: «Vogliamo giustizia»

Rapina senza colpevoli nel Sannio, lettera a Salvini: «Vogliamo giustizia»
FRASSO TELESINO - «Non chiediamo altro che giustizia per non sentirci vittime di un sistema che si inceppa». La rabbia, il rammarico, lo sfogo racchiuso in una...

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FRASSO TELESINO - «Non chiediamo altro che giustizia per non sentirci vittime di un sistema che si inceppa». La rabbia, il rammarico, lo sfogo racchiuso in una lettera inviata ieri al ministro degli interni Matteo Salvini con la quale Gerardo Salvione, ginecologo di Frasso, vittima di una rapina in villa, ha voluto ripercorrere gli ultimi mesi di un dramma che ha segnato irrimediabilmente la sua famiglia. Un'azione in puro stile «Arancia meccanica» per il commando che nella serata del 20 febbraio fece breccia nell'abitazione dello specialista in una zona centrale del piccolo borgo. Quattro malviventi a volto coperto, con accento dell'est, armati di pistole e coltelli, tennero in ostaggio per oltre un'ora 4 giovanissime, le 2 figlie del medico di 16 e 18 anni e 2 amiche, ospitate per una pizza. Violenza, minacce e finanche la roulette russa nel tentativo di estorcere informazioni su denaro e oggetti di valore. Ad avere la peggio, almeno fisicamente, furono il padre e la madre di una delle 2 ragazze, allertati dal prolungato silenzio della figlia. Calci, botte, pugni e una ferita alla testa rimediata dalla donna, accasciata a terra, che provocò anche la fuga dei criminali con un magro bottino.

 
Salvione e la moglie quella sera non erano in casa ma il ricordo di quanto accaduto è tutt'altro che sbiadito. «Attraverso i fatti di Lanciano abbiamo rivissuto quel dramma - ha dichiarato Salvione -. Le similitudini tra i due episodi sono tante, la differenza è che nel nostro caso le bestie sono ancora a piede libero. Spenti i riflettori sono rimasti solo i traumi fisici e soprattutto psicologici delle ragazze. La loro vita è costellata di fobie e ansie. Difficilmente riusciranno a dimenticare gli attimi in cui si sono trovate con le armi puntate addosso. Un epilogo drammatico che solo per un caso fortuito non si è palesato». «Quelle bestie - ha proseguito poi Salvione - sono ancora in libertà e non abbiamo nessuna informazione in merito alle indagini. Il nostro caso non può finire nell'oblio. Da genitori abbiamo il diritto e il dovere di dare delle risposte alle nostre figlie. Ogni volta che escono di casa nei loro occhi leggiamo il terrore, consapevoli che i loro aguzzini sono ancora in libertà».


Un clima di terrore diffuso e condiviso in tutto il comprensorio generato, negli ultimi mesi, da una escalation di furti e rapine con analogie e similitudini talvolta rocambolesche. Lo scorso 16 giugno l'arresto di un 33enne di origine albanese ritenuto a capo del gruppo di 4 banditi artefici della rapina in villa del 28 gennaio ad Amorosi con modalità e tecniche identiche a quanto poi accaduto a Frasso qualche settimana più tardi. Una vera e propria emergenza che ha visto uno sforzo da parte di istituzioni e forze dell'ordine e un'attività investigativa alla ricerca dei responsabili. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino