BENEVENTO. I primi due arresti ieri. Prima svolta per il delitto di Giuseppe Matarazzo, il pastore di Frasso Telesino ucciso con due colpi di pistola all'esterno della sua...
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LE INDAGINI
Resta infatti aperta la pista del mandante, non essendo stato possibile appurare collegamenti tra Massaro, Nasta e la vittima. «Tiene banco l'ipotesi della vendetta» per un'azione commissionata da terzi come confermato dal procuratore. In corso anche indagini di carattere patrimoniale per verificare se i due siano stati pagati. Resta indagato quale presunto mandante Lucio Iorillo, il padre delle due minorenni vittime degli abusi per cui era stato condannato Matarazzo, sempre professatosi innocente. Iorillo il 13 agosto fu arrestato e liberato dopo poche ore con l'accusa di alterazione e detenzione di armi clandestine, nel corso di un'attività di indagine estranea ai fatti del 19 luglio. Un incrocio di destini e di storie separate da una manciata di metri, la distanza che separa le proprietà dei Matarazzo e degli Iorillo.
LA STORIA
Dieci anni di doppie tragedie, rabbia e rancori che hanno avuto come scenario via Bocca. Una trama dai contorni mai fin troppo nitidi che ha preso le mosse da quel terribile 6 gennaio del 2008 quando il corpo di Michela Iorillo fu ritrovato senza vita vicino alla sua abitazione. L'annuncio di una morte cercata da una 15enne, appesa a un albero con una corda di nylon, e le ragioni di quell'insano gesto volontario affidate a una lettera indirizzata a Matarazzo, allora 35enne. Giuseppe aveva avuto una relazione con Cristina, la sorella maggiore di Michela mentre con quest'ultima, nel corso di tutto il dibattimento, ha sempre sostenuto di aver coltivato un «rapporto d'affetto platonico». Gli Iorillo non hanno mai smesso di considerare Matarazzo responsabile della morte della ragazza anche se era stato assolto per il reato di istigazione al suicidio. I risentimenti non si sono mai smorzati. I Matarazzo hanno continuato a credere nell'innocenza di Giuseppe. Teresa, la sorella, ha provato a cercare una strada per chiedere la revisione del processo. Una convinzione andata sempre in contrasto con le ferite mai rimarginate della famiglia Iorillo che ha subito rimarcato l'estraneità al delitto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino