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«Purtroppo anche il Sannio rispecchia in pieno il trend nazionale per quanto attiene il discorso della crisi endemica che attraversa il comparto moda». Nicola Romano, numero uno della Confcommercio, fa luce sulle tendenze disomogenee che si registrano nei vari comparti imprenditoriali. Se infarti per abbigliamento e calzature «ci sono solo chiusure e nessuna nuova apertura», al contrario e per fortuna, «sta andando il settore del food che a dire il vero ha sempre tirato più degli altri»
Quali sono i motivi che frenano ormai da anni il commercio tradizionale dell'abbigliamento e delle calzature?
«Pagano questo scotto prima di tutto a causa del commercio online. Inoltre, la crisi ha portato una serie di piccole attività gestite direttamente dai nuclei familiari specie nei piccoli centri, a una carenza di liquidità e quindi alle cessazioni.
Parliamo della ristorazione, dai numeri emerge un aumento delle attività in questi ultimi mesi nel capoluogo sannita.
«Andiamo per gradi. Va detto innanzitutto che anche qui c'è una crisi importante per quanto concerne la grande ristorazione, mi riferisco a quelle strutture che operavano solo su grossi numeri, come cerimonie, matrimoni, convegni ed altro. Qui, purtroppo ci sono state chiusure e nello stesso tempo non sono avvenute riaperture. La ripresa è legata in parte alla riconversione».
A cosa si riferisce in particolare?
«Ci sono aperture o meglio riaperture con dimensioni diverse, puntando al cosiddetto food veloce. In particolare si aprono pizzerie da asporto o con pochi posti a sedere, anche nel caso di ristoranti. Una formula che evita grossi immobilizzi di capitali e soprattutto con costi di gestione ridotti al lumicino».
Al di là di queste considerazioni, comunque, questo fenomeno rappresenta un fattore positivo e soprattutto un segnale di ripresa.
«Alcuni addetti ai lavori considerano questa fase di riassestamento. Dopo questa estate e il prossimo inverno e quindi solo nella primavera del 2023 avremo un quadro preciso. Andiamo con i piedi di piombo ed aspettiamo prima di poter stilare un bilancio definitivo e più attendibile anche per quanto concerne gli occupati del settore dove purtroppo i grandi ristoranti non credo riapriranno, almeno da noi, contrariamente a quanto potrà verificarsi in zone di mare o ad altissima vocazione turistica».
Per il futuro su cosa bisognerebbe puntare? Qual è la sua ricetta?
«Come associazione stiamo premendo molto sul discorso dei distretti commerciali per intercettare quelle risorse extra che possono ridare vita a centri urbani. Ma senza un input diventa difficile immaginare la ripresa duratura, al di là di eventi isolati come lo scorso aprile, il termometro sono i bar del centro che hanno chiuso, un numero troppo alto». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino