BENEVENTO - L’unità complessa di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Rummo è nella rete nazionale, in quanto ospedale di riferimento per...
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Inoltre, secondo quanto riportato nella relazione, le procedure adottate sono conformi ai protocolli di diagnosi e cura dell’ospedale e rispecchiano le direttive imposte dalle linee guida nazionali. «Una normale procedura - spiega Trezza, direttore dell’unità complessa e capo dipartimento del Materno infantile – prevista per un aborto spontaneo e inevitabile. Pertanto si chiarisce che si parla di un feto abortito, non capace di vita all’esterno dell’utero materno e non di un bambino».
LO SCENARIO
«Abbiamo posto in essere un’indagine interna – conclude il direttore sanitario Giovanni Di Santo – per sincerarci sulla centralità delle cure offerte».
Per quanto riferito da Federico Paolucci, il legale che rappresenta la donna che ha subito l’aborto, è nato un equivoco sulle settimane di gestazione, perché, nell’immediatezza dell’accaduto, non avendo avuto ancora accesso agli atti, aveva male interpretato le dichiarazioni del marito della paziente: «La mia cliente – chiarisce Paolucci – non era al termine della gravidanza, ma io ho potuto constatarlo solo nel momento in cui ho avuto accesso alla documentazione. Quindi, è corretto parlare di feto morto». In seguito alla denuncia, presentata dalla coppia protagonista della vicenda, il sostituto procuratore Maria Gabriella Di Lauro aveva avvisato le due ginecologhe in servizio presso l’azienda ospedaliera al momento dell’accaduto, che sarebbe stato affidato l’incarico a un consulente nominato dalla Procura, per stabilire le cause che avevano determinato l’aborto. Attualmente, le indagini stanno seguendo il loro corso e saranno esaminati tutti gli elementi prodotti dalle parti in causa.
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Il Mattino