Appena ventidue adesioni al comune di Napoli. È una falsa partenza, quella della legge sul biotestamento, da ieri entrata in vigore: tutti possono dichiarare in anticipo le...
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Secondo i dati dell'associazione, da dicembre 2017, ossia da quando è stata approvata la legge, tremila moduli sono stati scaricati online (1000 solo nelle ultime 24 ore) e 1000 i contatti. «Tra questi - rivela Cappato - consiglieri comunali, in cerca di informazioni su modalità di attivazione del registro comunale». Se contano 253, di cui 66 aperti nell'ultimo mese. Sono solo nove, però, le amministrazioni censite nella regione «e non tutte, al momento, raccolgono già le disposizioni anticipate di trattamento», avvisa Claudio Lunghini, a nome della onlus Gli amici di Eleonora. Napoli fa eccezione. Qui, prima che la legge nazionale fosse approvata, gli abitanti hanno avuto la possibilità di indicare e depositare con un atto ufficiale le proprie dichiarazioni. L'iter per raccoglierle era stato avviato nel 2012 dall'amministrazione de Magistris mediante una delibera di giunta poi approvata dal consiglio. Il sindaco è stato anche tra i primi firmatari della proposta di legge di iniziativa popolare che ha portato alle norme generali. Ma il registro, affidato al servizio dello Stato civile e custodito a Palazzo San Giacomo, contiene soltanto 22 iscrizioni: 9 depositate nel 2014, 7 nel 2015, 4 nel 2016 e 2 nel 2017. Nessuna nel 2018. Sul sito internet si trovano, però, le modalità e le procedure necessarie per procedere alla trascrizione e i moduli necessari. «Siamo operativi», sottolinea il dirigente comunale Luigi Loffredo; mentre il Consiglio nazionale dei notai ha «quasi ultimato» un registro nazionale per raccogliere tutti gli atti da loro depositati: «Non accessibile al pubblico per motivi di privacy e senza costi per lo Stato», sarà «consultabile da parte di tutte le aziende sanitarie» del Paese. «Sarà fondamentale, tuttavia, inserire le dichiarazioni anticipate di trattamento nella tessera sanitaria elettronica, affinché siano disponibili in qualsiasi momento in tutti gli ospedali, anche se raccolte dagli enti locali»,
chiede Lunghini.
Il percorso resta a ostacoli: «Dalla grande quantità di domande e segnalazioni che ci pervengono, possiamo affermare che il grado di conoscenza di questa legge da parte degli uffici comunali ma anche dei medici è ancora molto basso», fa notare Cappato, che accusa: «La ministra della salute, invece di inseguire l'obiettivo impossibile di una imposizione di coscienza non prevista dalla legge, dovrebbe innanzitutto mettere in atto un piano di informazione sistematica e capillare dei medici al servizio dei cittadini e dei loro diritti».
In realtà, ospedali come il Cardarelli sono pronti ad applicare le nuove norme. La rianimazione del più grande polo nel Mezzogiorno ha 22 posti letto, occupati da pazienti «in maggioranza incoscienti», dice il primario Maria Giovanna de Cristofaro. «Abbiamo, quindi, chiesto ai familiari dei ricoverati indicazioni in merito e lavoriamo anche per costituire un team per l'intera struttura sanitaria, su input del direttore generale Ciro Verdoliva». Anche Villa Betania si organizza: è previsto uno sportello informativo, aperto ieri a Milano e da tempo a Genova, La Spezia, Savona e altre città.
Non mancano, però, le posizioni critiche. «In questa legge resta il rammarico nel non aver riconosciuto il concetto della libertà del medico», afferma il presidente della Federazione nazionale degli ordini, Filippo Anelli, intervistato da Tv2000. Invece, il direttore del dipartimento di anestesia del Policlinico Federico II Giuseppe Servillo, nel direttivo della società scientifica Siaarti, sostiene che le norme approvate non bastano: «A noi rianimatori interessa una legge sul fine vita, come in Francia, contro l'accanimento terapeutico e per sospendere quei farmaci a sostegno delle funzioni vitali. Ciò consentirebbe di evitare sempre trattamenti che consideriamo inutili». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino