Napoli, boom di badanti abusivi, otto su dieci sono irregolari: «C’è rischio caporalato»

Migliaia di anziani e famiglie in difficoltà, bisognosi di assistenza

Una anziana con una badante
Cercasi badante, ma inutilmente. Migliaia di anziani e famiglie in difficoltà, bisognosi di assistenza. In realtà, le badanti ci sarebbero, ma mancano i permessi di...

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Cercasi badante, ma inutilmente. Migliaia di anziani e famiglie in difficoltà, bisognosi di assistenza. In realtà, le badanti ci sarebbero, ma mancano i permessi di soggiorno. Parliamo del mercato dell’impiego domestico, uno di quelli in cui il lavoro nero è più diffuso.

La legge prevede fino a 1 anno di reclusione per chi “assume” colf o badanti irregolari, ma è quasi impossibile trovare un dipendente domestico regolare. Gli operatori del settore - per la stragrande maggioranza immigrate da Sudamerica, Est Europa e uomini o donne dello Sri Lanka - formano un vero e proprio esercito, stando ai numeri del dossier Immigrazione Idos. Sono 121mila gli immigrati censiti a Napoli, 241mila in Campania.

Di questi ultimi solo 96mila hanno un contratto regolare e il 63,7% di loro è impiegato nel lavoro domestico. Parliamo cioè di circa 48mila persone in città, la metà del totale. Gli altri 73mila migranti partenopei, insomma, lavorano a nero. Cifre alla mano, colf e badanti irregolari non italiani, all’ombra del Vesuvio, sono almeno 40mila.

Il lavoro nero 

La stima appena fatta è al ribasso e tiene in considerazione solo i migranti censiti. Dai centri di assistenza e dai sindacati, emerge infatti che appena «2 badanti su 10» sono regolari.

In certi casi, si verifica una sorta di caporalato delle quattro mura. In altri casi, sono invece le badanti a minacciare denunce nei confronti dei datori di lavoro. Di mezzo, ci sono migliaia di anziani bisognosi e di parenti in difficoltà, che arrivano agli sportelli in cerca di una badante senza trovare risposte legalmente soddisfacenti.

E lavoratrici in difficoltà. C’è un vuoto burocratico-sociale: la legge prevede multe salate, fino a 12mila euro, per chi non comunica e registra all’Inps il dipendente. Ma si arriva anche al carcere se chi prende in casa una badante senza permesso di soggiorno viene scoperto (da 3 mesi a 1 anno). Regolarizzare i lavoratori, però, è un’operazione ardua: servono un permesso di soggiorno e un certificato di idoneità alloggiativa.

Il centro 

Lo si capisce, per esempio, al Kusik Multiservice pm, in centro storico. Un ufficio di assistenza per donne migranti in cerca di lavoro. La titolare è Paola Kusik, una giovane di origine polacca. Le difficoltà sono tante, ma è tanta anche la voglia di aiutare. Sui volti delle badanti si incrociano destini particolari, che però sfiorano la storia globale.

Tante lavoratrici domestiche sono mamme ucraine, che assistono anziani qui e mandano denaro a Kiev: «Così facendo, se gli mando soldi, mia figlia non va al fronte», spiega Natalia. Questa e altre vicende arrivano quotidianamente al Multiservice.

«Questo è un ufficio di sbrigo pratiche - racconta Monica Kusik, sua madre - Tante badanti, in pratica, pagano per l’alloggio con il loro lavoro. Anche perché non sanno dove abitare. Su 10 badanti, in città, 8 purtroppo sono irregolari e non ha il permesso di soggiorno». Esiste perfino un «mercato nero, in cui si rivendono gli alloggi tra le badanti», sussurrano alcuni operatori.

Alle difficoltà di ottenere il permesso di soggiorno, si aggiungono infatti quelle per l’idoneità alloggiativa, altro requisito fondamentale raggiungere lo status di badante in regola. «I criteri per ottenere l’idoneità alloggiativa sono difficili da soddisfare - conferma Monica - L’invio delle pratiche è farraginoso, e gli obblighi di idoneità alloggiativa sono troppo difficili da rispettare. Al Comune hanno rigettato da poco una pratica su Posillipo». Come mai? «Perché la finestra dell’alloggio era troppo ampia: sforava il limite prescritto di 8 centimetri».

Quando 8 centimetri, nella burocrazia e nel vuoto legislativo, diventano chilometri da percorrere verso la regolarizzazione di migliaia di vite. E verso la lotta a milioni di euro evasi, che restano nel limbo del lavoro nero.

L’indotto 

Il lavoro domestico genera un indotto sommerso gigantesco, da circa 20 milioni al mese solo a Napoli, tra badanti e colf. Un badante irregolare - secondo le stime della Uil - guadagna infatti tra i 500 e i 750 euro ogni 30 giorni, alloggio incluso in casa del datore di lavoro.

L’assunzione avviene per lo più attraverso il passaparola ufficioso. Anche qualche italiano lavora nel settore domestico, «ma costa di più di uno straniero». Per finire, torniamo a Natalia. «Mia figlia – aggiunge – ha solo 24 anni. Con l’invio di 5mila euro ho fatto in modo che fosse trasferita negli uffici dell’esercito. Prima combatteva al fronte. Così sto più tranquilla, ne vale la pena».

Una storia simile è quella di Tania, anche lei in servizio di assistenza in una casa napoletana: «Io i soldi li mando a mio fratello - sospira - così faccio in modo che non esca di casa, visto che c’è la guerra». Si incrociano però anche vicende diverse, in cui sorgono pseudo-contenziosi con i datori di lavoro. A., per esempio, è una giovane badante peruviana. «La signora da cui lavoravo non voleva darmi la liquidazione - dice - Le ho detto quindi che sarei andata dai carabinieri».

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Il Mattino