Perduta negli abissi, di profonda bellezza, e così lontana. Provata da relazioni complicate: già durante l'infanzia, ora dal lockdown. «L'isolamento...
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Meccanismi diversi, in base al sesso, che adesso spingono a cercarsi di meno: conseguenza «di scarsi livelli di ossitocina, negli ultimi mesi, nella zona posteriore dell'ipofisi attraverso stimolazioni che provengono dall'ipotalamo e che agisce sui circuiti cerebrali e spinge d'istinto a credere nel partner, indipendentemente da altre verifiche». Non è solo questione di chimica, ma di biologia. La produzione del neurotrasmettitore aumenta con il contatto, può bastare un abbraccio: stringersi per 20 secondi porta a un «rilascio automatico». Così, l'ormone diventa spia di quanto i rapporti umani siano importanti per ridurre ansia, sbalzi dell'umore, depressione, attacchi di panico (in alcuni casi), alterazioni nei ritmi sonno-veglia e nell'alimentazione, insonnia nonché sintomi riconducibili al disturbo da stress post traumatico, condizione di disagio che invece prosegue, per le informazioni incerte e mutevoli sulle cause, il decorso, le terapie. Spiega Attili: «La presenza di parenti, amici, conoscenti, estranei, il solo fatto che essi ci siano, porta anche a un innalzamento del livello degli oppioidi endogeni nell'organismo che provocano piacere. Gli altri sono gli stimoli che provocano quelle reazioni cerebrali e fisiologiche che inducono le sensazioni di benessere».
Quando si è da soli, si ha una ridotta attività di questo sistema: «E tanto più proviamo frustrazione, agitazione. Abbiamo, in pratica, delle reazioni simili ai tossicodipendenti in crisi di astinenza. Gli altri, per il solo fatto di esserci, anche se non li conosciamo, ci mettono anche in uno stato di attivazione fisiologica, di arousal, così che perfino le nostre prestazioni migliorano, secondo un fenomeno che viene detto di facilitazione sociale».
Vale pure per gli atleti in gara e gli attori sul palco. «L'essere rifiutati e emarginati induce, al contrario, uno stato di malessere così profondo da portare a un vero dolore sociale, identico a quello che può derivare da una ferita nel corpo». Attili sottolinea: «Il bisogno di contatto, peraltro, è un bisogno primario, che rimanda alla teoria dell'attaccamento alla madre, Un legame che ci fa sentire sicuri. La vicinanza, tuttavia, viene ricercata con chiunque sia considerato in grado di proteggere e confortare. Ed è proprio questo bisogno che trova una sua espressione simbolica nella stretta di mano e nell'abbraccio. L'ossitocina riduce poi l'attività dei neuroni dell'amigdala, quella parte del cervello che si attiva quando si percepisce un pericolo e che è responsabile delle immediate reazioni alla paura e nella memoria emozionale che mette in connessione gli input ricevuti dall'esterno con le esperienze passate, anche in modo inconscio». Ed è dunqueun modo per dimenticare l'emergenza. «Ma senza trascurare i dispositivi di protezione anti Covid», puntualizza la professoressa. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino