Il Padrone

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Ogni tanto in libreria capita di chiedersi: Ma come siamo finiti così? Poi, si capisce tutto sfogliando “Quando verrai sarò quasi felice” (Bompiani), le lettere scritte da Alberto Moravia a Elsa Morante, e curate da Alessandra Grandelis. È Moravia il responsabile, quando  all’interno del grande matrimonio letterario italiano, scrive alla Morante: di non essere mai stato innamorato anche avendola amata tantissimo, e getta le basi per le Comencini, le Mazzantini, per gli sceneggiati Rai e i film di Marco Ponti con Scamarcio. È l’ossimoro amoroso che viene partorito dall’onnipotenza non culturale, ma editoriale, divenuta posizione politico-strategica. Moravia è l’Andreotti della narrativa italiana, sembra il migliore, in realtà è solo quello che è stato capace di controllare il sistema. Se avessero vinto i Berto, i Bianciardi, oggi tutto sarebbe diverso, invece della Ferrante esporteremmo Morselli. È andata diversamente: è passata la sottigliezza a discapito dell’istinto, il doppiopesismo rispetto all’immaginazione, la pesantezza sul gioco.  
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Il Mattino