1-Inutile concentrarsi sull’impasto a prescindere dal progetto di pizza che si vuole proporre al cliente. Una pizza con la farina 00 vuole sicuramente materie prime non...
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2-Quando si passa dalle pizze classiche a quelle creative o gourmet, è sempre bene fare uno stage di cucina o collaborare con un cuoco invece di mettere ingredienti a cacchio.
3-Non è il numero degli ingredienti a fare buona la pizza, ma il loro equilibrio, proprio come accade in cucina dove da qualche anno la tendenza è a togliere, sottrarre, non ad aggiungere. Ebbene sia per la pizza napoletana che per quella italiana sta avvenendo esattamente il contrario.
4-Inutile fissarsi sulla digeribilità dell’impasto se poi lo carico con prodotti pesanti come salumi e formaggi ci bevo un litro di birra. Meglio concentrarsi sul gusto perché la gente viene in pizzeria per divertirsi e godere, non per curarsi. Un po’ come la storia dei solfiti nel vino: se uno vuol star bene evita l’alcol, punto.
5-Come ben sanno i cuochi, bisogna distinguere tra ricerca su materia prima e abbinamenti e la proposta finale a tavola. Solo dopo aver ben sperimentato e ragionato a fondo è bene iniziare a vendere la propria pizza.
6- Ma l’errore più clamoroso che registriamo è un comportamento autistico rispetto all’impasto, della serie vedete come sono bravo con acqua farina e lievito. Quel che ci metto sopra diventa poi secondario. L’effetto finale di questa situazione è duplice.
a-Quasi sempre è impossibile mangiare queste pizze intere perché saranno digeribili nello stomaco ma per transitare nel palato e in gola hanno bisogno di fiumi di birra o vino. Si, insomma, un po’ di acidità, perché gli elementi non sono ben combinati tra loro.
b-Alla fine ti resta in bocca solo il sapore del grano o dei cereali utilizzati. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino