OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
È stata una scrittrice di crepe, quelle dell’io, dei rapporti amorosi e familiari (matrimonio, maternità, morte), di chi le stava intorno – che fosse Sacramento, Malibu, New York o Los Angeles – e quindi dell’America. Joan Didion se ne è andata qualche giorno fa, e rileggendo i suoi libri l’ho trovata ancora più potente, e non mi importa se le voci narranti fossero le sue, se la rispecchiassero o meno: quando i lettori riusciranno a capire che nei romanzi non ha importanza la verità, ma la credibilità, sarà sempre troppo tardi. Didion, in Italia liquidata come grande declinazione al femminile della scrittura, è stata molto di più, tenendo testa a Tom Wolfe e Norman Mailer e Truman Capote, una donna osso, un osso durissimo. Bella, affascinante e mai commiserabile né auto-commiserata. Il suo stile è una vertigine che attraversa ogni ambito: dalla moda alla politica, da una parte all’altra della cultura, passando per cinema e teatro. Ha dominato il romanzo e il saggio e si è divertita sceneggiando film, col marito John Gregory Dunne o senza. Su Netflix c’è il documentario, “Joan Didion: The Center Will Not Hold”, girato dal nipote, Griffin Dunne. Il resto è ammazzare il serpente o lasciarlo andare, per capire come averlo.
Il Mattino