L’ultimo drago d’Aspromonte

L’ultimo drago d’Aspromonte
Nel Sud Italia, lamentoso e ombelicale, ci sono due anomalie letterarie: Gioacchino Criaco e Vincenzo Filosa. Il primo è uno dei pochi scrittori a far fischiare le pagine,...

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Nel Sud Italia, lamentoso e ombelicale, ci sono due anomalie letterarie: Gioacchino Criaco e Vincenzo Filosa. Il primo è uno dei pochi scrittori a far fischiare le pagine, il secondo è uno dei pochi fumettisti ad animarle sul serio. La musica di Criaco e i segni di Filosa sono diventati un libro: “L’ultimo drago d’Aspromonte” (Rizzoli), che è una disparità. Si evoca la natura in modo postmoderno con una riscrittura dei temi meridionali – terra e famiglia – senza cedimenti sentimentali. C’è un nuovo verismo nel “Drago”, una nuova Calabria, che poi è quella reale. Era sulla punta della lingua di sociologi e antropologi, ma a portarcela sono loro, con una semplicità bambina, rivelando il male, riconducendolo a una parte della natura, tirandolo via dalle pietre e dagli alberi. Lentamente il lettore viene catturato dalla potenza della storia, fino a rimanerne preda: in un continuo capovolgimento. Ci sono due scritture, due sguardi, due viaggi, e funzionano. Non sempre le coppie editoriali riescono, unendosi, a sommarsi. Questa, invece, è riuscita, e chiama altri titoli.

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Il Mattino