Luce ovunque

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Di Cees Nooteboom si è molto parlato per “Tumbas” (Iperborea), dove lo scrittore e poeta olandese inseguiva le tombe di grandi uomini e donne, cercando l’invisibile legame che rimaneva col mondo, la memoria residua, quasi fossero delle divinità, riuscendo però a non cadere mai in eccessi di retorica tristezza, pur vagando per i cimiteri del mondo. Adesso esce “Luce ovunque” (Einaudi), una antologia che raccoglie cinquant’anni di versi, dal 1964 al suo ultimo libro di poesie del 2012. L’idea di poesia di Nooteboom passa per l’autenticità, e per una geometria dell’istinto che gli fa scrivere poesie che “quadrano”, nel senso che sono capaci di esistere, una volta scritte possono essere scolpite, non solo perché dotate di forma assoluta ma soprattutto perché fermano immagini e tempo, esistenze e inesistenze, uomini donne o fantasmi, grandi giornate e piccole minute inutili ore perdute, «finché la vita passa come una sera / e la morte sopravvive come una notte». 
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Il Mattino