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Luis Sepúlveda era una anomalia con mille vite e una voce sola, inconfondibile. A un anno dalla sua assenza, solo fisica, Bruno Arpaia – scrittore, traduttore, giornalista – suo amico, lo ricorda con un libro, “Luis Sepúlveda. Il ribelle, il sognatore” (Guanda), che prova a restituire tutte quelle vite. Poi racconta anche i libri a chi non li ha letti, e ci mette tanti backstage che dicono come ha vissuto Sepulveda: dalle dita nel whisky, alla magia, passando per le cravatte, quelle degli altri, usate come tovaglioli. Scrittore d’avventura, ma con una vena comica e l’allegria per smarcarsi dalle tragicità della sua esistenza di cittadino cileno, guardia di Allende, torturato, perseguitato e costretto all’esilio dalla “spazzatura umana” Pinochet. Ambientalista senza l'accezione occidentale (c'è una bella litigata con Jorge Amado). Viaggiatore che poi si perde in macchina con la televisione spagnola a poco da casa, ridendone. E il guerrigliero, l’uomo sempre schierato anche se non manca di confrontarsi con i dubbi e le delusioni (il Nicaragua, che lo imprigiona, ma anche il partito comunista che lo espelle di ritorno dalla Russia). Su tutto c’è la grandezza della credibilità, “una menzogna che arricchisce”.
Il Mattino