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«Autopsia e perizia sul guardrail, il perché della strage» (Ansa, 5 ottobre 2023, ore 20.30)
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Quanto avrà influito il guardrail arrugginito, basso (e con un varco) sulla tragedia del bus di Mestre lo dirà una perizia e poi il processo penale che stabilirà le responsabilità sulla morte di 21 persone e il ferimento di 18. Ma che molti, troppi incidenti sulle nostre strade dipendano da una scarsa manutenzione è noto. E non da ora.
L'Italia è un Paese in cui la maggior parte degli assi viari importanti ha una datazione superiore ai 50-60 anni. C'è oggi maggiore sollecitazione veicolare, ma soprattutto c'è il cemento che si deteriora, i ferri che arrugginiscono, il complesso di componenti di costruzione che si ammalora.
Sull'onda emotiva, poi, con i morti a terra, si annuncia disinvoltamente di tutto: «Faremo, ce ne occuperemo». Ma l'importante è che l'annuncite non diventi una malattia, che la politica e le istituzioni diano seguito a quel che dicono. Insomma, il fare dopo il dire. Con determinazione, scrupolo, costanza. Questo sì, significa onorare le vittime di questa o quella tragedia, questo sì, significa comprendere che le condizioni di civiltà di un Paese si misurano (anche) sulla qualità delle infrastrutture. Lo scatto d'orgoglio che l'Italia ha avuto con la ricostruzione del ponte Morandi di Genova può essere replicato, in sedicesimi, a Mestre come altrove. Con tutto ciò che ha a che fare con le competenze, la cura, la velocità.
Vorremmo vivere in un Paese sicuro, con le strade sicure, le case sicure, le ferrovie sicure. Vorremmo esserlo sempre più, noi tutti, sicuri. Vorremmo che la vita non fosse affidata al caso più di quanto non determini la nostra decisione di non essere prudenti, previdenti o di incontrare un matto drogato o ubriaco. Possiamo solo sperarlo? Ogni vittima, però, dovrebbe essere un monito a non commettere i soliti errori, dimenticando troppo in fretta quanto è doloroso celebrare funerali. Magari di Stato.
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«Responsabilità… chi vuole mai accollarsela? Ogni volta che accade qualcosa di brutto è sempre così: chi è il responsabile?» (Jerry Seinfeld)
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Il Mattino