È morta senza mai lasciare l'ospedale divenuto casa sua. Dopo un anno e mezzo a lottare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, la piccola Martina...
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La bimba, neanche 4 anni, era afflitta da una cardiopatia devastante a causa dalle terapie invasive resesi necessarie per curare un tumore al cervello, come aveva raccontato la sua coraggiosa madre, Francesca Esposito, consegnando tutto il carico di dolore familiare, portato senza vacillare, per cercare di sensibilizzare sul tema della donazione degli organi, necessarie e mai vane, che possono, però, non bastare, per varie ragioni. Innanzitutto perché l'intervento in sé è complesso, e ha alti rischi, anche nella gestione pre e post operatoria.
Senza rassegnarsi, ogni lutto deve spingere a valutazioni attente sulle misure utili a evitarne altri. Per far crescere la cultura della solidarietà, riducendo le opposizioni alle donazioni (troppe al Sud) e, di conseguenza, i pericolosi tempi tra l'iscrizione nella lista d'attesa dei trapianti e l'ingresso in sala operatoria. Per migliorare l'assistenza, con unità d'intenti, in strutture che scontano già gli effetti delle carenze di personale dovute al lungo blocco del turn over imposto dal piano di rientro dal deficit della sanità.
Non più per Martina (i funerali si sono svolti mercoledì scorso), ma per gli altri bimbi ammalati che credo sia doveroso non far scivolare questa morte nel silenzio. Il governatore, a fianco delle famiglie, con le sue parole d'azione, può incidere oggi più di ieri. È un giorno triste.
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Il 7 luglio, il post scritto per raccontare l'odissea della mamma:
Blog Prontosoccorso
Per approfondire:
Cosa vuol dire donare?
Il report sui trapianti
L'ospedale-casa di Martina
Donare è Vita su Facebook Leggi l'articolo completo su
Il Mattino