La pizza attraversa un momento d’oro, impensabile sino a qualche anno fa. Da mestiere negletto da cui tutti fuggivano, è diventato una aspirazione per molti giovani...
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Un vero e proprio Far West perché, a differenza dei media tradizionali registrati che devono rispettare per legge la distinzione tra giornalismo e comunicazione, i blog e i procacciatori di like possono nascondersi, legalmente e legittimamente, nell’ambiguità e i più bravi sono proprio coloro i quali trasmettono messaggi pubblicitari come se fossero momenti di propria vita quotidiana.
Al tempo stesso anche la battaglia sui prodotti è molto accesa, ormai non c’è pizzeria che non esibisce sul bancone alcuni prodotti rinomati per dimostrare di essere alla moda e aggiornata. Insomma, siamo in una fase di crescita convulsa nella quale insieme a tante note positive (sostegno all’agricoltura di qualità, passione di tanti giovani per gli impasti e la sperimentazione, miglioramento della qualità del prodotto finale) c’è anche una zona grigia sulla quale è bene accendere i riflettori prima che i segnali degenerativi diventino sistemici e irreparabili.
Come per qualsiasi altro mestiere, i giovani devono sognare ma anche sapere che non è comprando like che si raggiunge la notorietà, ma lavorando sodo e pensando soprattutto ai clienti, così come fanno le pizzerie tradizionali che non hanno quest’ansia da prestazione. Devono capire che è necessario prendere le distanze dai pifferai magici che promettono incremento dell’attività, articoli sui giornali e televisioni e miracoli impossibile.
Diventa sempre più indispensabile l’aggiornamento e l’adesione a una idea di pizza che sia precisa e non inventata. Non è certo un caso se è proprio la pizza napoletana classica quella che sta conoscendo la maggiore espansione in Italia e in tutto il mondo. L’artigianalità e l’identità sono i suoi maggiori punti di forza che tutti richiedono in un mondo dove tutto è seriale, ripetitivo, senza anima e di bassa qualità.
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Il Mattino