Studenti e coltelli ma basta lo psicologo?

La pistola giocattolo e il coltello insanguinato, adoperato dallo studente di Abbiategrasso (Milano)
«Professoressa ferita con un coltello da uno studente» (Ansa, 29.05.2023, ore 19.46) *** Cosa deve accadere...

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«Professoressa ferita con un coltello da uno studente» (Ansa, 29.05.2023, ore 19.46)


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Cosa deve accadere di più di una prof accoltellata per aver interrogato un ragazzo prossimo al debito estivo in Lettere e Storia? Può bastare che la vittima non sia in pericolo di vita e che l'aggressore, 16 anni appena, in un istituto tecnico di Abbiategrasso, Lombardia, abbia poi “solo” minacciato i suoi compagni di classe, impugnando (per fortuna) una pistola giocattolo? Tra abbandoni scolastici crescenti (al Sud è un'emorragia inarrestabile), qualità dell'insegnamento fortemente svilita, disinteresse (è il minimo) e reattività degli studenti soprattutto delle Superiori. Ed infine noncuranza o complicità delle famiglie sempre più e spesso pronte a dar ragione, a prescindere, ai propri ragazzi.

Sarebbe il caso di convincersi, una volta per tutte, del grado di profondissima difficoltà, vicina al tracollo, in cui versa la scuola italiana. E della necessità di programmare, finanziare e perseguire un poderoso progetto di rilancio. I cui primi risultati, si badi, se andrà bene, si vedranno almeno in un decennio.

Tutto accade mentre ricorrono i cento anni dalla nascita di Don Milani, che della conoscenza aveva fatto il suo mantra, disposto oltre ogni difficoltà a portarla persino nelle scuole di montagna. Non poteva sapere, Don Milani, della crisi ulteriore che ci sarebbe stata pochi decenni dopo, di organici dei docenti sempre più carenti, di insegnanti demotivati, malpagati e spesso insufficientemente preparati a compiere la propria missione educativa. Non poteva sapere degli smartphone che avrebbero creato una pericolosa dipendenza e delle chat in cui si perdono i ragazzi durante le lezioni. Non poteva sapere, Don Milani, che una pandemia mondiale avrebbe costretto, anche in un Paese già problematico come il nostro, ad allontanare per un lungo periodo i ragazzi da scuola e a studiare malamente da casa sullo schermo di un cellulare.

Dopo la pandemia il ritorno alla socialità e all'istruzione in presenza (che strano dirlo, ma come dovrebbe essere altrimenti l'istruzione se non in presenza?) evidenzia ulteriori difficoltà e soprattutto aggressività nei ragazzi delle medie superiori. E' come se ci si fosse convinti di potersi riprendere con gli interessi il tempo perso, affermando la propria “presenza” senza se e senza ma, senza censori nè “giudici”. La scuola come costrizione che mal si concilia con chi è pronto a irridere, picchiare, addirittura accoltellare un professore colpevole solo di fare il proprio lavoro. E non si tratta solo di piccoli bulli in cerca di visibilità.

Arriveranno gli psicologi, come la categoria invoca e lo stesso ministro prefigura? Vedremo. Non vorremmo che tutto si risolvesse nel solito annuncio ad effetto, magari con il dubbio persino che possa realizzarsi. Basterà? Pensiamo di no. La scuola italiana, l'istruzione che è alla base della crescita e del progresso di ogni Paese, invoca misure più strutturali, centrali, potremmo dire fondanti rispetto al pannicello caldo di maniera. L'istruzione va adeguata ai tempi e resa attrattiva, facendone riscoprire il valore a studenti e famiglie, rivalutando la figura dei docenti. Ne va del ruolo, anzi della “sopravvivenza” dell'Italia, che ha bisogno di nuovi e “formati” cittadini, in un mondo ormai reso più piccolo dalla tecnologia. E sempre più spietato.
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«Un operaio conosce cento parole, il padrone mille. Per questo lui è il padrone» (Don Lorenzo Milani) Leggi l'articolo completo su
Il Mattino